Israele: Tsahal, "sì a Unifil in Libano, ma serve maggiore controllo"

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Intanto sul fronte di Gaza torna Blinken, ma la tregua è ancora lontana.

Israele ha espresso la propria disponibilità a includere la forza di pace Unifil in un futuro accordo politico per stabilizzare il sud del Libano, ponendo fine alla guerra con Hezbollah. Tuttavia, funzionari israeliani hanno chiarito che la missione Onu non potrà essere l’unica forza operante nella regione, evidenziando la necessità di un maggiore coinvolgimento dell’esercito libanese. Lo ha riportato l’emittente pubblica Kan, riferendo la posizione delle forze di sicurezza israeliane.

Nonostante i recenti incidenti con Unifil, i vertici di Tsahal, spiega Kan, sostengono l’ampliamento dei suoi poteri, ma allo stesso tempo non ritengono sufficiente la presenza dei caschi blu per garantire la sicurezza nella regione. Lo dimostrano i mesi di attacchi dal sud del Libano e le recenti operazioni israeliane nell’area. Qui l’esercito israeliano ha scoperto e distrutto cellule terroristiche, tunnel, arsenale bellico, postazioni missilistiche, tutte riconducibili a Hezbollah. Un’ampia infrastruttura costruita nel tempo nell’area presidiata da Unifil e in aperta violazione della Risoluzione Onu 1701 del 2006, che impone nel sud del Libano il disarmo di tutte le milizie non governative.

Il governo israeliano - riferisce il portale Moked/Pagine Ebraiche - chiede libertà di manovra per Tsahal in futuro contro Hezbollah e alla stesso tempo sostiene la necessità di un approccio multilaterale, che includa l’esercito libanese e, potenzialmente, anche altre forze regionali o internazionali. Un tema emerso anche nel vertice tra il ministro degli Esteri di Gerusalemme Israel Katz e l’omologo italiano Antonio Tajani. «Ho ribadito la necessità di assicurare massima tutela al contingente italiano Unifil», ha affermato Tajani a margine dell’incontro.

«Noi crediamo che in Libano bisogna pianificare un’azione politica che rafforzi il governo di Beirut, per evitare il collasso definitivo del paese: anche in Libano come a Gaza bisogna andare verso un cessate il fuoco, non verso una intensificazione dei combattimenti», ha aggiunto il capo della Farnesina. Impegnato in una missione tra Gerusalemme e Ramallah, Tajani ha poi espresso a Katz «la solidarietà e il sostegno del governo italiano sul tema del rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas». Dall’altra parte, si legge in una nota della Farnesina, il ministro degli Esteri italiano ha chiesto al collega di facilitare ulteriormente l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza.

Sul fronte dei negoziati, sia a Gaza sia per il Libano, qualcosa si muove. Il capo dello Shin Bet Ronen Bar si è recato in Egitto per discutere la possibilità di rilanciare le trattative per una tregua in cambio della liberazione degli ostaggi. Secondo il quotidiano Haaretz, nonostante l’eliminazione del suo leader Yahya Sinwar, Hamas non ha ammorbidito le proprie pretese.

Intanto, "porre fine alla guerra a Gaza, restituire gli ostaggi alle loro famiglie e alleviare le sofferenze del popolo palestinese" sono i tre obiettivi anticipati da Antony Blinken per il suo undicesimo viaggio in Israele dalla strage del 7 ottobre, iniziato con un vertice con il premier Benjamin Netanyahu. Ma il nuovo tentativo del segretario di Stato Usa viene raccontato con grande scetticismo dai media israeliani e internazionali. Al momento, spiegano gli analisti, non ci sono le condizioni per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, dove Tsahal sta nuovamente intensificando le operazioni, in particolare al nord, e dove i terroristi di Hamas cercano di riorganizzarsi.

Blinken e la Casa Bianca, scrivono Washington Post e New York Times, sperano di riuscire a sbloccare la situazione a Gaza, per facilitare una de-escalation al nord tra Israele e Hezbollah. Quanto la strada sia in salita lo dimostrano le cronache odierne: mentre Blinken atterrava in Israele, i terroristi libanesi hanno sparato una ventina di razzi contro l’area di Tel Aviv. Poi un’altra raffica è stata indirizzata contro Haifa, con allarmi antimissile in tutto il nord. E nelle stesse ore un portavoce di Hezbollah ha minacciato: «Non passerà molto tempo prima che avremo prigionieri israeliani».

Con 101 ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, il pericolo di nuovi rapimenti è preso molto seriamente da Tsahal, che continua a colpire in Libano le postazioni di Hezbollah. Oltre a martellare le infrastrutture militari, l’esercito sta attaccando anche banche e centri finanziari legati al gruppo terroristico. «Un modo per soffocare economicamente Hezbollah», sottolinea l’Economist, secondo cui il «vasto impero finanziario» del movimento sostenuto dall’Iran si sta dimostrando «molto vulnerabile». Un suo crollo, spiega la rivista, potrebbe trascinare ancora più a fondo l’intero Libano, già in gravi difficoltà economiche.

[Fonte e Foto: Moked/PagineEbraiche]