L’autodifesa di Netanyahu all’Onu
Dal palco dell’Assemblea Generale il premier israeliano attacca le Nazioni Unite e difende Israele: “Noi il bene in lotta contro il male”. Questo il punto di Alessia de Luca per l'ISPI.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto un discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite in cui ha sostenuto le ragioni di Israele nella crisi in corso. “Non avevo intenzione di venire qui quest’anno. Il mio paese è in guerra, sta lottando per sopravvivere” ha detto Netanyahu. “Ma dopo aver sentito le bugie e le calunnie rivolte al mio paese da molti degli oratori su questo podio, ho deciso di venire qui e mettere le cose in chiaro”. L’intervento del premier israeliano arriva nel quinto giorno di bombardamenti sul Libano e mentre le forze armate dello Stato ebraico si preparano per una potenziale incursione di terra. Ieri il premier ha opposto un secco ‘no’ alla proposta di cessate il fuoco di 21 giorni sostenuta dagli Stati Uniti. I diplomatici arabi e di diversi paesi del cosiddetto ‘Sud Globale’ hanno abbandonato la sala non appena il premier israeliano ha iniziato a parlare. Israele ha intensificato la portata degli attacchi in Libano la scorsa settimana, lanciando raid contro Hezbollah che hanno eliminato alcuni tra i massimi leader del gruppo militante sciita, causando al contempo più di 600 morti per la maggior parte civili. L’escalation – dopo quasi un anno di guerra a Gaza a seguito dell’attacco del 7 ottobre 2023 e che ha causato almeno 41mila morti – rischia di travolgere l’intero Medio Oriente nel baratro di un conflitto totale.
Alle Nazioni Unite per attaccarle?
Netanyahu ha usato il suo discorso alle Nazioni Unite per attaccare le Nazioni Unite, definendole una “palude di bile antisemita” un linguaggio che riprende un ritornello frequente di Donald Trump, dichiarando che il mondo deve decidere se sostenere il piano dell’Iran di “tornare a un’epoca oscura di terrore e guerra”. “Ho una domanda per voi – ha detto il premier – La vostra nazione starà con Israele? Starà con la democrazia e la pace? O starà con l’Iran, una dittatura brutale che soggioga il suo stesso popolo? Esporta il terrorismo in tutto il mondo? Questa è una battaglia tra il bene e il male, non ci devono essere equivoci”. Come già fatto in altre occasioni passate, Netanyahu ha mostrato alla platea due mappe. Una mostrava ‘la benedizione’ di Israele e dei suoi partner arabi che formano “un ponte di terra che collega Asia ed Europa”, che ha detto conteneva la promessa di linee ferroviarie, linee energetiche e cavi in fibra ottica. La seconda mappa ‘la maledizione’ che, ha detto, mostra “l’arco del terrore” che l’Iran aveva creato con i suoi alleati. “Da un lato, una benedizione luminosa, un futuro di speranza. Dall’altro, un futuro oscuro di disperazione”, ha detto.
Fermare l’invio di armi a Israele?
Il suo discorso ieri era stato preceduto da quello del presidente dell’Autorità nazionale Palestinese (Anp) Mahmoud Abbas. Intervenendo dal palco dell’Assemblea, l’ultraottantenne leader palestinese ha invitato la comunità internazionale a interrompere l’invio di armi a Israele.
“Fermiamo questo crimine. Fermiamolo subito. Smettiamo di uccidere bambini e donne. Fermiamo il genocidio. Smettiamo di inviare armi a Israele. Questa follia non può continuare. Il mondo intero è responsabile di ciò che sta accadendo alla nostra gente a Gaza e in Cisgiordania”, ha detto Abbas affermando che i palestinesi sono “sottoposti a uno dei crimini più atroci della nostra era, il crimine di una guerra su vasta scala, di genocidio, che Israele sta perpetrando”. Centinaia di famiglie palestinesi “sono state annientate” ha ricordato Abbas “e migliaia sono morte a causa della diffusione di malattie ed epidemie e della carenza di medicine e acqua”. Il presidente palestinese ha anche accusato Israele di aver lanciato una nuova aggressione” contro il Libano chiedendo che “cessi immediatamente”.
Ancora proteste?
Se, come mostrano i sondaggi, la linea dura fa guadagnare a Netanyahu consenso in patria, la sua visita New York in vista del discorso all’Onu è stata accolta da ampie proteste. Diversi cortei si sono sovrapposti nel corso della giornata, con la più grande dimostrazione che si è snodata per le strade di Manhattan e ha bloccato il traffico. Le manifestazioni, intorno all’Empire State Bulding, al Palazzo di vetro e nei dintorni dell’albergo in cui alloggia il premier israeliano sono state organizzate da gruppi di attivisti pro Palestina, tra cui Jewish Voice for Peace, e sono state in gran parte pacifiche. Ciononostante, il dipartimento di polizia della città ha reso noto di aver effettuato degli arresti al termine di tafferugli isolati. Tra i manifestanti c’erano anche alcuni parenti degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas a Gaza. Nel pomeriggio, migliaia di dimostranti si sono radunati sui gradini della sede principale della New York Public Library a Bryant Park. Diversi oratori si sono rivolti alla folla, tra cui Jill Stein, candidata presidenziale dei Verdi, che ha criticato sia i democratici che i repubblicani per la loro risposta alla guerra a Gaza.
Il commento di Valeria Talbot, Head ISPI MENA Centre
“Non c’è niente di nuovo sotto il sole: il governo israeliano va dritto per la sua strada fino alla ‘vittoria totale’ sui ‘terroristi di Hamas e Hezbollah’. Lo ha ribadito forte e chiaro il premier Netanyahu di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove in questi giorni non si sono risparmiate le critiche nei confronti della condotta di Israele a Gaza e in Libano. Ma al di là dei moniti verbali, finora la comunità internazionale è riuscita a fare poco o nulla per mettere fine a un conflitto dai costi umanitari altissimi. E visto che non sarà Israele a fare il primo passo, è possibile che non ci sia proprio nessuno in grado di attivare le leve giuste per giungere a un cessate il fuoco?”.
[Fonte e Foto: ISPI]