La lettera del Papa ad Al-Sistani, quando cattolici e sciiti s'incontrano
"Auspico che insieme, cristiani e musulmani, possiamo sempre essere testimoni di verità, di amore e di speranza, in un mondo segnato da numerosi conflitti e quindi bisognoso di compassione e di guarigione". E' quanto afferma papa Francesco nella lettera al grande ayatollah sciita Ali Al-Sistani consegnata lo scorso 9 marzo a Najaf, in Iraq, dal cardinale Miguel Angel Ayuso Guixot, prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso. "Sono lieto di avere nuovamente l'opportunità di rivolgermi a Lei dopo il nostro incontro di due anni fa a Najaf che, come ho detto al mio rientro dall'Iraq, 'a me ha fatto bene all'anima'. È stato una pietra miliare nel cammino del dialogo interreligioso e della comprensione fra i popoli", si legge nel testo.
"Conservo un grato ricordo del fraterno colloquio e della condivisione spirituale sui grandi temi della solidarietà, della pace e della difesa dei più deboli, come pure mi ha edificato il Suo impegno a favore di chi ha sofferto la persecuzione, preservando la sacralità della vita e l'importanza dell'unità del popolo iracheno". Secondo il Pontefice, "la collaborazione e l'amicizia fra credenti di diverse religioni è indispensabile, per coltivare non solo la vicendevole stima, ma soprattutto quella concordia che contribuisce al bene dell'umanità, così come la recente storia dell'Iraq ci insegna. Le nostre comunità, quindi, possono e devono essere un luogo privilegiato di comunione e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si invochi il Creatore di tutti, per un futuro di unità sulla terra".
"Caro fratello - prosegue Francesco -, siamo entrambi convinti che il rispetto della dignità e dei diritti di ogni persona e di ogni comunità, in particolare la libertà di religione, di pensiero e di espressione, sia fonte di serenità personale e sociale e di armonia tra i popoli". Pertanto, aggiunge, "spetta anche a noi, leader religiosi, incoraggiare coloro che hanno responsabilità nella società civile ad adoperarsi per affermare una cultura fondata sulla giustizia e sulla pace, promuovendo azioni politiche che tutelino i diritti fondamentali di ciascuno. Infatti, è essenziale che la famiglia umana riscopra il senso della fraternità e della reciproca accoglienza, come risposta concreta alle sfide odierne". A tal fine, "uomini e donne di diverse confessioni, camminando concordi verso Dio, sono chiamati a 'incontrarsi nell'enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni' (Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, 4 febbraio 2019)".
La lettera del Papa alla massima autorità sciita è stata consegnata a margine del 3º convegno internazionale “Cattolici e sciiti davanti al futuro. A due anni dalla visita di Papa Francesco in Iraq”, svoltosi nella città santa di Najaf - dove è presente il santuario dell’imam Alì - dall'8 al 10 marzo, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio insieme al locale Istituto Al-Khoei. L’incontro ha visto la presenza di una delegazione della Comunità con il fondatore Andrea Riccardi, il presidente Marco Impagliazzo, mons. Vincenzo Paglia e i cardinali Ayuso, Coutts e Sako (patriarca di Baghdad dei Caldei). Da parte sciita, la delegazione comprendeva numerosi religiosi dell’alto seminario sciita di Najaf, nonché rappresentanti da altri paesi del Medio Oriente e dall’Europa.
Questa nuova tappa nell’amicizia tra cattolici e sciiti si inseriva in un percorso avviato nel gennaio 2004, quando una delegazione di Sant’Egidio, invitata a Najaf da religiosi sciiti in dialogo nello “spirito di Assisi”, incontrò il grande ayatollah Al-Sistani. Nel 2015 si è svolto il primo incontro internazionale cattolici-sciiti, a cui hanno fatto seguito numerose e variegate presenze di religiosi sciiti alle Preghiere per la pace, promosse da Sant’Egidio nello “spirito di Assisi”. Una delegazione da Roma era presente a Najaf il giorno dell’incontro tra il Papa e Sistani del 2021 e anche l’anno scorso, su invito dell’istituto Al-Khoei, per l’anniversario della visita. A luglio si è tenuta a Roma un’altra tappa di questo cammino con il secondo incontro cattolici-sciiti.
Introducendo i lavori del convegno, il cardinale Ayuso Guixot ha spiegato che “il dialogo tra le religioni non è un segno di debolezza ma una manifestazione del dialogo di Dio con l’umanità: la fraternità è una sfida per l’intera umanità”. Ha quindi annunciato che all'indomani mattina avrebbe consegnato, insieme ad Andrea Riccardi, il messaggio del Papa ad Al-Sistani. Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ricordando lo storico incontro tra Francesco e il grande ayatollah di due anni fa a Najaf ha sottolineato l’importanza dell’ascolto “per uscire dai propri pregiudizi e dalle categorie” con cui si affrontano la vita e il futuro: “I credenti, nella differenza delle tradizioni e delle teologie, rappresentano un popolo che semina fraternità e la fa crescere. Non si tratta solo di un’azione dei leader, ma anche dei popoli, nella pratica quotidiana della fraternità”.
Nella prima giornata, dedicata alla "fraternità" e a "preghiera, poveri e pace", Al-Ishkawari, dell’Alto seminario sciita di Najaf, ha precisato che l’obiettivo "non è quello di unire le religioni in una sola, ma di lavorare insieme per il bene". Mentre Shahid Al-Baghdadi, della direzione generale del Santuario dell’Imam Alì, ha auspicato che "l’incontro sia parte di un progetto più vasto con il quale sapienti e saggi, cristiani e musulmani, possano costruire un pensiero di fraternità che circoli per i giardini del mondo". "Dal 2015 - ha ricordato il segretario generale dell’istituto Al-Khoei, Jawad Al-Kohei - cerchiamo, con gli amici di Sant’Egidio, di realizzare un dialogo intellettuale tra cattolici e sciiti, restando nella nostra tradizione, ma cercando gli aspetti comuni nei valori etici e nel rispetto reciproco”. "Un’anima credente – ha sottolineato il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphaël Sako, “non deve mai far soffrire gli altri. Bisogna rinnovare la mentalità per costruire un futuro in cui nessuno è emarginato per motivi di fede".
Nella seconda giornata del convegno internazionale, su temi come "il dialogo sulla vita" e "religioni e società", mons. Vincenzo ha detto che "è tempo di rilanciare la visione di un umanesimo fraterno e solidale dei singoli e dei popoli". Il presidente della Pontificia Accademia per la vita ha spiegato che "tutte le religioni, ma in particolare quella abramitiche, sono chiamate ad un confronto con il mondo della tecnologia", che si sviluppa con una velocità superiore a quella delle scienze umane, "offrendo quel contributo di sapienza che salva l’umanità dal cadere nell’abisso".
Il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ha insistito sulla necessità di aprire un varco nella "globalizzazione dell’indifferenza" di cui ha parlato papa Francesco e di rispondere a quell’insidioso "fondamentalismo dell’io" che deriva dal vuoto di cultura e dallo spaesamento che si vive nel mondo globale: "La globalizzazione e la tecnologia dovrebbero essere utili per costruire ponti tra di noi, non per creare nuovi muri invisibili attraverso l'attuale cultura dell'individualismo". Le religioni, al riguardo, possono svolgere un ruolo importante e aiutare a "rinnovare il mondo nella fraternità".
Le personalità sciite intervenute in questa seconda giornata hanno sottolineato l’importanza di un dialogo che faccia crescere tra i popoli i valori della fraternità umana nel momento difficile che sta attraversando il modo, fra tensioni e conflitti. Ma anche di religioni che sappiamo essere sempre accanto a chi ha bisogno: "Ignorare il povero - ha osservato Hussein Al-Kazwini, dell’Alto seminario sciita di Najaf - è come ignorare la fede". Il convegno si è concluso il 10 marzo mattina nella sede del patriarcato caldeo di Baghdad.
Anche questo evento ha rappresentato un ulteriore tassello del cammino di dialogo e di amicizia tra le istituzioni e le organizzazioni cattoliche e l'islam sciita, che riguarda da lunga data anche la Santa Sede, laddove con l'islam sunnita i progressi da parte vaticana si sono avuti soprattutto grazie a papa Francesco, con la ricucitura con l'Università di Al-Azhar, culminata il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi con la firma del "Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune" insieme al grande imam sceicco Ahmad Al-Tayyeb.
Proprio i rapporti intessuti da tempo con l'islam sciita, anche e soprattutto in Iran, potrebbero essere alla base della sostanziale cautela e del silenzio con cui la Santa Sede ha assistito alla violenta repressione del regime di Teheran delle manifestazioni per la libertà e i diritti delle donne. I media vaticani hanno tenuto molto sottotono la questione, mentre in due sole occasioni il Papa ne ha parlato esplicitamente. La prima, il messaggio Urbi et Orbi dello scorso Natale, quando si è limitato a fare un cenno anche alle tensioni che investono l'Iran e il Myanmar, auspicando per questi due Paesi "la riconciliazione" perché "cessi ogni spargimento di sangue".
La seconda, appena più ampia, lo scorso 9 gennaio nell'udienza al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, quando ha affermato che "il diritto alla vita è minacciato anche laddove si continua a praticare la pena di morte, come sta accadendo in questi giorni in Iran, in seguito alle recenti manifestazioni, che chiedono maggiore rispetto per la dignità delle donne". Francesco, invocandone l'abolizione "nelle legislazioni di tutti i Paesi del mondo", ha quindi aggiunto che "la pena di morte non può essere utilizzata per una presunta giustizia di Stato, poiché essa non costituisce un deterrente, né offre giustizia alle vittime, ma alimenta solamente la sete di vendetta".
(Photo: Vatican Media, Comunità di Sant'Egidio)