Mar Rosso: crisi innescata?

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Il gruppo yemenita degli Houthi minaccia apertamente gli Stati Uniti e torna a colpire, mentre l’escalation minaccia di colpire anche il settore degli approvvigionamenti energetici. Ecco il punto dell'ISPI, Istituto per gli studi sulla Politica internazionale.

Lo Yemen si trasformerà in un cimitero per gli Stati Uniti, che lasceranno la regione “disperati e umiliati”. Sono queste le parole di Ali Al-Qahoum, esponente di spicco dell’ufficio politico dei miliziani Houthi dello Yemen. Il gruppo armato filo-iraniano, le cui posizioni sono state colpite la scorsa settimana da un attacco congiunto USA-Regno Unito – in coordinamento con Canada, Bahrein, Australia e Paesi Bassi - è al centro delle cronache internazionali degli ultimi mesi per i numerosi attacchi condotti contro navi e mercantili in transito nel Mar Rosso. Al netto della retorica, gli Houthi sarebbero effettivamente tornati a colpire, per la prima volta dopo i raid anglo-americani dei giorni scorsi. L'agenzia per le operazioni commerciali marittime del Regno Unito (Ukmto), una nave è stata centrata oggi da un missile al largo della città portuale di Aden. La notizia è stata confermata anche dal Comando centrale delle forze statunitensi (CENTCOM), che punta apertamente il dito contro Ansarullah (il nome ufficiale del movimento Houthi). Mohammed Abdel Salam, un portavoce del gruppo, non ha confermato la paternità dell’attacco, limitandosi a dire che "gli attacchi alle navi con rotta verso Israele continueranno”. In ogni caso, gli effetti della crisi sull’economia globale e sulle catene di approvvigionamento sono già ben visibili e vale la pena chiedersi se potranno estendersi anche a un ambito altrettanto delicato: quello dell’energia.

Alla canna del gas?

Secondo quanto riferisce l’agenzia Bloomberg, i dati di tracciamento delle navi al largo della penisola arabica indicano che il Qatar ha sospeso l'invio attraverso lo stretto di Bab El-Mandeb di petroliere e portacontainer di Gas naturale liquefatto (GNL). La mossa di Doha arriva dopo che, nelle scorse settimane, decine di aziende internazionali di shipping hanno abbandonato la rotta del Mar Rosso, preferendo circumnavigare l’Africa per trasportare le merci dall’Asia ai mercati europei senza attraversare uno spazio considerato ormai pericoloso e insicuro. Come riporta Reuters, quattro o cinque navi della QatarEnergy, secondo maggiore esportatore di GNL al mondo, sono ferme all’imboccatura del collo di bottiglia che separa lo Yemen dal Corno d’Africa. La sospensione decisa dal Qatar potrebbe mettere in difficoltà l'approvvigionamento di numerosi Paesi, Italia compresa, ma bisogna considerare che le riserve di gas in Europa sono attualmente quasi piene, a seguito degli sforzi in tal senso dopo la rottura con gli idrocarburi russi.

Rischio shock petrolifero?

Il crescente clima di tensione ha già sortito i suoi effetti negativi sui traffici commerciali globali. Secondo rilevazioni ISPI, il costo per inviare un container “tipo” da Shanghai a Genova è quasi quadruplicato nel giro di tre mesi, da 1.400 a 5.200 dollari. Ciononostante, uno dei settori più importanti – quello petrolifero – sembra al momento reggere il colpo. Le crisi in Medio Oriente, regione chiave per produzione, raffinazione e commercializzazione di greggio, hanno storicamente prodotto effetti negativi in questo senso, ma non è il caso della recente escalation nel Mar Rosso. All’inizio di questa settimana, dopo fluttuazioni al rialzo dei giorni scorsi per via delle tensioni, i prezzi del Petrolio viaggiano in negativo, con il Brent che cala dello 0,74% a 77,71 dollari al barile, mentre il Wti lascia lo 0,78% a 72,11 dollari al barile. Tengono banco, però, preoccupazioni per la domanda e l'indebolimento della ripresa a livello globale. Indicazioni importanti sono comunque attese per mercoledì, giorno della pubblicazione del rapporto mensile dell'Opec sul mercato petrolifero.

Cosa vogliono gli Houthi?

Per il movimento yemenita, la campagna di guerriglia nel Mar Rosso ha un enorme valore dal punto di vista politico e simbolico. Gli Houthi, da anni attori cruciali di un sanguinoso conflitto regionale contro una coalizione a guida saudita, hanno condotto negli ultimi tre mesi numerosi attacchi contro le imbarcazioni in transito in segno di solidarietà con i palestinesi, intimando a Israele di interrompere immediatamente le ostilità contro Gaza e il blocco dell’enclave costiera palestinese. Lo Stretto di Bab El-Mandeb che separa lo Yemen dall’Africa orientale – e conduce a nord verso il Mar Rosso e il Canale di Suez – è uno dei più cruciali “choke points” delle rotte internazionali insieme agli Stretti di Hormuz e Malacca. Con le loro azioni, gli Houthi hanno la possibilità non solo di mettere pressione sui sostenitori occidentali dello Stato ebraico, ma anche di presentarsi come gli unici attori della galassia anti-Israele a fare qualcosa di concreto, sia agli occhi dell’opinione pubblica interna che regionale. È assai probabile che gli attacchi subiti dalle forze anglo-americane nei giorni scorsi abbiano provocato danni ingenti alle loro infrastrutture, ma a livello politico e di propaganda il movimento yemenita può comunque rivendicarli come una medaglia al valore di fronte agli osservatori regionali.

Il commento. Di Eleonora Ardemagni, ISPI Senior Associate Research Fellow

“Gli Houthi hanno sempre sfruttato il contesto per costruire in modo efficace la loro propaganda. Lo hanno fatto quando l’ex presidente Ali Abdullah Saleh collaborò con gli USA contro Al-Qaeda nei primi anni duemila, o anche mostrandosi come ‘protettori della patria’ dopo l’intervento saudita del 2015. Inoltre, a differenza di altri attori regionali vicini all’Iran come Hezbollah in Libano, gli Houthi non hanno vincoli derivanti dall’istituzionalizzazione o dalla condivisione del potere: di fatto vivono in un contesto di guerra perenne, a cui sono pienamente abituati. Gli Stati Uniti e i loro partner dovrebbero tener conto di questi fattori e non sottovalutare il potenziale della crisi nel Mar Rosso”.

(Fonte: ISPI; Foto: Wikimedia Commons)