Medio Oriente e fantasmi di guerra

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La morte in Siria del consigliere iraniano Mousavi riaccende i timori per un allargamento del conflitto, ma la guerra, di fatto, ha già una dimensione regionale. Leggiamo il punto dell’ISPI, Istituto per gli Studi di Politica internazionale.

Quello appena trascorso non è stato un Natale di pace per il Medio Oriente. All’aggravarsi dei combattimenti nella Striscia di Gaza, dove le autorità sanitarie locali segnalano un bilancio ormai superiore a 20mila vittime, si aggiungono nuovi elementi di conflitto a livello regionale. Nella giornata di lunedì, 25 dicembre, un bombardamento su Damasco ha provocato la morte di Sayyed Razi Mousavi, consigliere ed esponente di spicco delle Guardie della rivoluzione iraniane (note anche come IRGC o Pasdaran). Le autorità di Teheran puntano il dito contro Israele, che come spesso accade non rivendica la responsabilità del raid, e minacciano gravi ritorsioni contro lo Stato ebraico. All’uccisione di Mousavi si aggiunge il crescente numero di attacchi contro le truppe statunitensi dispiegate in Medio Oriente, che a loro volta rispondono colpendo gruppi armati vicini all’Iran in Siria e Iraq, e il deterioramento della sicurezza nel Mar Rosso per mano dei miliziani Houthi dello Yemen. Questi elementi sono tessere di un mosaico di instabilità sempre più ampio, che sta causando “nuove preoccupazioni sul fatto che la guerra di Israele a Gaza possa allargarsi fino a diventare una conflagrazione regionale con gravi conseguenze politiche ed economiche”, osserva l’emittente americana CNN.

Come Soleimani?

L’uccisione di Mousavi in Siria richiama inevitabilmente alla mente il raid americano che, il 3 gennaio 2020, provocò la morte in Iraq del generale iraniano Qassem Soleimaini, uomo simbolo dell’IRGC e grande protagonista della politica regionale di Teheran. In quell’occasione, dopo che il leader iraniano era stato ucciso all’aeroporto di Baghdad insieme ad altri capi militari locali, le autorità iraniane avevano minacciato gravi ritorsioni contro gli Stati Uniti (guidati allora da Donald Trump), ma la risposta si era tradotta in alcuni raid chirurgici contro basi nell’Iraq settentrionale. Anche oggi, Teheran assicura che l’affronto contro Mousavi non resterà impunito. Amir Saeed Iravani, ambasciatore iraniano e rappresentante permanente di Teheran all’ONU, ha dichiarato che “l’Iran ha diritti legittimi e basati sulla Carta delle Nazioni Unite per una risposta decisiva al momento opportuno”. Il diplomatico ha accusato apertamente Israele, che come da procedura – salvo poche eccezioni – non ha confermato il proprio coinvolgimento. La Siria, d’altro canto, è da tempo teatro di una ‘guerra fantasma’ tra la Repubblica islamica e lo Stato ebraico, che colpisce con regolarità obiettivi legati a Teheran nel paese arabo, guidato dal regime filo-iraniano di Bashar al Assad.

Area in ebollizione?

Al momento non è facile stabilire se e come l’Iran deciderà di agire, ma sta di fatto che l’uccisione di Mousavi arriva al culmine di tensioni crescenti in tutto il Medio Oriente, dove si registrano scambi di fuoco – benché circoscritti – tra milizie vicine all’Iran e forze USA dispiegate nella regione. I media statunitensi, in tal senso, sottolineano che “il personale americano si ritrova sempre più in una pericolosa linea di tiro”. Nella giornata di martedì, ad esempio, il Pentagono ha annunciato che le forze statunitensi hanno attaccato in Iraq posizioni del gruppo Kataib Hezbollah, appoggiato dall’Iran, dopo una serie di raid contro le forze statunitensi in Iraq e Siria nelle scorse settimane. Gli assalti contro le truppe di Washington in Medio Oriente, iniziati in concomitanza con l’ultima escalation a Gaza e in Israele, si contano ormai a decine, mentre le forze navali USA e alleate restano in stato di massima allerta dopo molteplici attacchi con droni e raid contro navi mercantili nel Mar Rosso. In questa zona tutti gli occhi sono puntati sugli Houthi, che insieme a Hezbollah e a varie milizie in Siria e Iraq, costituiscono la rete di Teheran in Medio Oriente, spesso definita “Asse della resistenza”. Il Libano non può in alcun modo restar fuori da questa ‘guerra fantasma’, tanto che nella notte di Natale tre persone sono rimaste uccise durante attacchi israeliani nella città meridionale di Bint Jbeil, roccaforte di Hezbollah quasi completamente distrutta nella guerra del 2006.

Stavolta il rischio è reale?

Al netto della propaganda infuocata, dall’inizio dell’escalation Hamas-Israele la Repubblica islamica iraniana ha dimostrato di non volersi prendere la responsabilità di un allargamento del conflitto a livello regionale, tanto da negare in ogni occasione possibile di aver partecipato o organizzato l’attacco del 7 ottobre. Lo stesso vale per Hezbollah, attore protagonista della galassia filo-Iran in Medio Oriente, che si è limitato sinora a scambi di fuoco circoscritti con Israele. A fare ‘più rumore’ sono stati invece gli Houthi, i più imprevedibili tra gli attori regionali vicini a Teheran, minacciando direttamente uno dei nodi strategici per il commercio mondiale. L’uccisione di Mousavi, in ogni caso, provocherà sicuramente una qualche reazione da parte iraniana. La domanda riguarda, piuttosto, l’intensità di questa reazione. In mattinata, il portavoce dell’IRGC, Ramadan Sharif, ha affermato che l’operazione “Alluvione al-Aqsa “– l’attacco di Hamas del 7 ottobre contro Israele – ha rappresentato “una delle ritorsioni all’assassinio di Soleimani”, avvenuto quasi quattro anni fa. Che sia un modo per dire che con l’uccisione di Mousavi finirà allo stesso modo, ossia con una rappresaglia simbolica e circoscritta?

Il commento. Di Luigi Toninelli, ISPI MENA Centre

“L’uccisione di Mousavi, principale uomo dei Pasdaran in Siria e importante pedina iraniana sullo scacchiere mediorientale, rappresenta un duro colpo per la proiezione della Repubblica islamica in Medio Oriente. Proprio per questo Teheran ha già promesso di vendicarne la morte. Tuttavia, le parole del portavoce del ministro degli Esteri iraniano lasciano trasparire ancora una volta come, nonostante la retorica incendiaria, l’Iran non sembri intenzionato a farsi coinvolgere direttamente dal conflitto e lascerà ad altri attori dell’Asse della resistenza il compito di vendicare la morte di Mousavi. Ciononostante, il raid di lunedì mostra ancora una volta come il conflitto in corso tra Hamas e Israele sia già regionalizzato e coinvolga attori lungo tutto il Medio Oriente. A destare particolare preoccupazione è quanto sta avvenendo in Libano: da giorni, infatti, gli attacchi israeliani e di Hezbollah si sono ulteriormente intensificati e lo sguardo dei principali negoziatori internazionali è rivolto verso nord nel tentativo di evitare che Israele invada il sud del Libano per respingere Hezbollah oltre il fiume Litani”.

(Fonte: ISPI; Foto: L’Osservatore Romano)