Mons. Shomali a Credere, “le grandi potenze fermino la strage di Gaza”

Il vescovo ausiliare di Gerusalemme, numero due del Patriarcato latino, intervistato dal settimanale del Gruppo Editoriale San Paolo da oggi in edicola, rilancia la denuncia della Chiesa contro Israele: «È moralmente inaccettabile usare la fame come arma di guerra, come lo è spostare milioni di persone e renderle sfollate».
«Vedo Gaza e piango». William Shomali, vescovo ausiliare del patriarcato di Gerusalemme e braccio destro del cardinale Pierbattista Pizzaballa, racconta a Credere tutta la sua commozione, che si intreccia alla denuncia e richiesta di aiuto: «Per Gaza, oggi, il primo pensiero è la necessità di cibo, di nutrire un popolo affamato e allo stremo delle forze».
Dopo il bombardamento israeliano che ha danneggiato l’edificio della chiesa di Gaza, uccidendo tre persone e facendo diversi feriti, la preoccupazione è ulteriormente salita, consapevoli che ormai non si è al sicuro neanche in un luogo sacro: «Non passa giorno in cui non gridiamo a Dio per chiedere la fine di questi tormenti. E facciamo quanto nelle nostre possibilità, a tutti i livelli» racconta il vescovo, che sulle condizioni di vita delle persone denuncia: «Sentiamo storie strazianti di bambini che muoiono di fame o per mancanza di cure, persone che lottano per un pugno di riso, gente uccisa mentre cerca disperatamente del cibo. Tutto questo è terribile. È moralmente inaccettabile usare la fame come arma di guerra, come lo è spostare milioni di persone, renderle sfollate e privarle della dignità umana – attacca il vescovo – Secondo le convenzioni internazionali bisogna rispettare i civili anche nelle guerre».
Sulla politica locale monsignor Shomali ammette, amareggiato, lo stallo in corso: «Siamo nel mezzo di un conflitto che dura da decenni. Dire oggi “pace” con la generazione di politici attualmente in carica non è realistico».
L’altro contesto su cui il vescovo si sofferma è la Cisgiordania, versante di conflitto dove si consuma il continuo ampliamento di coloni: «Ci sono già 200 insediamenti di coloni, un’occupazione illegale di territorio palestinese. Lo Stato di Israele – ricorda – aveva garantito di non ampliare gli insediamenti dei coloni in Cisgiordania, ma anche questa premessa viene disattesa».
[Foto: Elijah Interfaith Institute Summer School]