Parigi 2024: israeliani e palestinesi in gara tra paura di attentati e politica
Sono otto gli atleti palestinesi che gareggiano alle Olimpiadi che si tengono a Parigi dal 26 luglio all’11 agosto 2024. Sette di loro - riferisce Daniele Rocchi sul Sir - partecipano in virtù di un invito da parte del Cio, solo un atleta, Omar Ismail, ha ottenuto la qualificazione nel taekwondo maschile. Gli altri atleti si cimentano in atletica leggera, nuoto, judo, boxe e tiro. Israele, invece, partecipa alle gare con 88 atleti tra i quali i calciatori che hanno staccato il pass olimpico, per la prima volta in quasi mezzo secolo, al Campionato Europeo Under 21 Uefa. Diverse le discipline in cui si cimentano gli atleti israeliani, oltre al calcio, judo, tiro con l’arco, tiro con la carabina, badminton e scherma. La delegazione israeliana è composta da atleti ebrei e arabi provenienti da tutto Israele e sarà soggetta a protezione 24 ore su 24 da parte dei servizi di sicurezza francesi e da funzionari dello Shin Bet (l’agenzia di sicurezza interna di Israele) a causa delle minacce per la guerra a Gaza. Un allarme lanciato dal ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, riportato dai media israeliani, e contenuto in una lettera al suo omologo francese Stéphane Séjourné in cui si avverte di un complotto sostenuto dall’Iran contro la squadra israeliana.
Nessuna tregua olimpica. I Giochi di Parigi arrivano nel pieno del conflitto a Gaza, divampato dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre 2023, che vede fronteggiarsi da un lato Israele e dall’altro Hamas. A poco è servita la risoluzione Onu dello scorso autunno che chiedeva il rispetto della Tregua Olimpica, in ossequio ad una tradizione risalente ai Giochi dell’antica Grecia dove, nel IX secolo a.C., i re della regione firmavano un trattato affinché gli abitanti, gli atleti e gli artisti locali potessero recarsi in sicurezza ai Giochi Olimpici. Secondo la consuetudine, l’ekecheira, o “tregua”, poneva fine ai conflitti da sette giorni prima dell’inizio dei Giochi fino a sette giorni dopo la loro conclusione. La risoluzione, adottata con 118 voti favorevoli e due astenuti, è intitolata “Costruire un mondo pacifico e migliore attraverso lo sport e l’ideale Olimpico”. Anche papa Francesco, durante l’ultimo Angelus, ha parlato dei Giochi auspicando che “questo evento possa essere segno del mondo inclusivo che vogliamo costruire, secondo l’antica tradizione le Olimpiadi siano occasione per stabilire una tregua nelle guerre, dimostrando una sincera volontà di pace”.
Cerimonia sulla Senna. Un auspicio destinato a restare lettera morta, anche per questa edizione parigina che ha preso il via con la cerimonia di apertura che, prima volta nella storia, non si è svolta in uno stadio ma lungo le rive della Senna con un pubblico collegato in mondovisione (tv e web) di 1,5 miliardi di persone. Circa 8mila atleti (degli oltre 11mila in gara) provenienti da 206 diversi comitati olimpici nazionali hanno sfilato davanti a più di 300.000 spettatori in una parata di 94 barche su un percorso di 6 chilometri, e alla presenza dei vertici del Cio, Comitato olimpico internazionale, del presidente francese Emmanuel Macron e di diversi Capi di Stato e di Governo, tra cui Sergio Mattarella. I barconi sono transitati anche nei pressi di monumenti storici come Notre-Dame e il Louvre.
Dal campo alla politica. Per le due delegazioni i Giochi di Parigi rappresentano non solo un momento di sport ma anche una vetrina politica per rilanciare le rispettive posizioni riguardo al conflitto in corso. In una intervista ai media palestinesi, in occasione della partenza della delegazione olimpica per Parigi, il presidente del Comitato olimpico palestinese Jibril Rajoub ha ammonito: “Da un punto di vista psicologico, umanitario e morale, è impossibile per gli atleti palestinesi affrontare gli israeliani durante le gare delle varie discipline”. Rajoub ha ricordato anche che dallo scorso 7 ottobre a oggi nella Striscia di Gaza “sono morti 300 atleti, dipendenti e volontari del mondo del nostro sport”. “Non siamo qui per le medaglie ma per coinvolgere quante più persone possibile riguardo alla causa palestinese. Non mi interessano i soldi. Se una medaglia mi permette di attirare più attenzione, è questo che mi interessa”, ha detto all’Afp Yazan Al Bawwab, nuotatore in gara nei 100 dorso. “Ho l’opportunità di essere ascoltato come palestinese mentre migliaia e migliaia di persone vengono trattate in modo disumano e come numeri - ha aggiunto l’atleta -. Non c’è alcuna pressione su di noi. La pressione è sui palestinesi in Palestina”.
[Questo articolo di Daniele Rocchi è stato pubblicato sul sito del Sir, al quale rimandiamo; Photo Credits: Sir]