Pizzaballa, "la pace in Terra Santa arriverà solo dal basso. Non c'è alternativa alla soluzione a due Stati"
CITTÀ DEL VATICANO, 24 APR - "Vivo in questa terra da 34 anni, che è ormai la mia terra, e ne ho viste veramente tante tra guerre, intifade, scontri ecc., ma non ho dubbi: questa è la prova più difficile che ci è toccato affrontare". Lo afferma il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, in una lunga intervista ai media vaticani e al quotidiano Avvenire. "L'incertezza ora è su quanto durerà ancora questa guerra, e ancora più su cosa succederà dopo, perché vedete una cosa è certa: nulla sarà più come prima - spiega -. E non mi riferisco solo alla politica; penso a ciascuno di noi. Questa guerra ci cambierà tutti. Per metabolizzarla ci vorranno tempi lunghi".
"Se la gente vede che i capi tra di loro si parlano, è portata a fare lo stesso e a vincere le diffidenze", dice Pizzaballa, appena tornato dalla Galilea, dove ha incontrato anche i capi locali delle altre religioni. "Ora è cominciata Pesach, e da poco è terminato Ramadan - ricorda -: le feste religiose sono un'occasione importante per riconoscersi e per dialogare (...) Dobbiamo cercare di capire cosa abbiamo in comune, piuttosto che ciò che ci divide. Ciò che ora è veramente assillante per tutti è l'assenza di prospettive".
Secondo il patriarca, "la fatica allora consiste nel facilitare questo confronto inducendo ognuno a riconoscere il dolore dell'altro. Non dico questo per 'buonismo' cristiano, ma semplicemente perché non vedo alternative. Si può uscire da questo dramma in un altro modo?". "In questa terra nel passato qualcuno più coraggioso ha tentato la strada politica della pace. Ma sono sempre stati tentativi che procedevano dall'alto verso, il basso: accordi, negoziati, compromessi. Sono tutti miseramente falliti - aggiunge -. Pensate ad Oslo per esempio. E allora ora è il momento di invertire la direzione e avviare un percorso che vada invece dal basso verso l'alto. Ripeto: sarà faticoso ma non vedo altra strada".
"Fuori di questa terra si dà prevalentemente una lettura tutta polarizzante del conflitto - osserva ancora Pizzaballa -. E questo, oltre che dannoso, è estremamente sciocco, perché le ragioni del conflitto sono molto complesse, stratificate nel corso di decenni. Trattare il conflitto israelo-palestinese con lo spirito di un derby calcistico è sbagliato".
Per il cardinale, "la parola di Papa Francesco in questa guerra ha avuto finora un grande peso. Anche quando è stata oggetto di critiche da entrambi gli schieramenti, anzi forse proprio quando è stata oggetto di critiche, ha manifestato la grande autorevolezza di cui gode. I suoi ripetuti moniti al rilascio degli ostaggi e per un immediato cessate il fuoco nella Striscia sono entrati di peso nella storia di questa guerra".
Pizzaballa ricorda "che oggi in tanti invocano un cessate il fuoco, ma a novembre lo reclamava soltanto la voce solitaria e coraggiosa di Papa Francesco. Questo vale anche per la nostra gente, e per i cristiani di Gaza. Il sollievo che gli hanno arrecato le telefonate pressoché quotidiane del Papa è stato enorme, ed ha significato molto anche per quelli che fuori di Gaza seguivano con ansia la loro sorte".
Secondo il cardinale, infine, "il dopo sarà durissimo. Intanto spero che chi è uscito da Gaza possa, e voglia ritornare. Ricostruire Gaza richiederà decenni. Non c'è più niente: case, strade, infrastrutture. Occorrerà uno sforzo enorme internazionale". Ma "più in generale, tutto dovrà essere rifondato non solo lì, anche in Palestina e in Israele. Occorre veramente mettere un punto alla storia e ricominciare tutto daccapo e su basi nuove e diverse dal passato".
Pizzaballa ritiene "che tutto quello che è successo in questi sei mesi abbia mostrato in modo evidente l'ineluttabilità della soluzione dei 'due stati'. Non c'è alternativa ai due stati che il permanere della guerra. Ma i due stati debbono cambiarsi dal di dentro, debbono ripensarsi. Le due società, che pure negli ultimi anni sono cambiate radicalmente e rapidamente, devono avere il coraggio di ripensare la propria società". "Non sarà facile perché entrambe le società si presentano con un alto grado di eterogeneità al loro interno, sono poliedriche. Occorre che entrambe le società si dotino di un nuovo orizzonte di valori, perché non può darsi che l'unico collante sociale sia per entrambe il difendersi dal nemico", conclude.
(Questo articolo è stato pubblicato oggi dall'ANSA; Photo Credits: Terrasanta.net)