Pizzaballa, “la popolazione di Gaza condannata, è inaccettabile e ingiustificabile”

“Gli aiuti umanitari non sono solo necessari, sono una questione di vita o di morte. Ogni ora senza cibo, acqua, medicine e riparo causa un profondo dolore, è una condanna. Lo abbiamo visto: uomini che resistono al sole per ore nella speranza di un semplice pasto. Questa è un’umiliazione difficile da sopportare quando la si vede con i propri occhi. È moralmente inaccettabile e ingiustificabile. Sosteniamo pertanto il lavoro di tutti gli attori umanitari – locali e internazionali, cristiani e musulmani, religiosi e laici – che stanno rischiando tutto per dare vita a questo mare di devastazione umana”. Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, aprendo ieri mattina nella città santa una conferenza stampa congiunta con il patriarca greco-ortodosso, Teofilo III, organizzata per fare un bilancio della loro visita di solidarietà alla comunità cristiana locale dopo l’attacco israeliano alla parrocchia latina del 17 luglio scorso, che ha provocato tre morti e una decina di feriti.
Dai due patriarchi – riferisce il Sir – si è levato un nuovo appello “ai leader di questa regione e del mondo”, che richiama quello di domenica all’Angelus di Papa Leone XIV: “non può esserci futuro basato sulla prigionia, sullo sfollamento dei palestinesi o sulla vendetta. Deve esserci una via che restituisca loro la vita, la dignità e tutta l’umanità perduta. È ora di porre fine a questa assurdità, di porre fine alla guerra e di dare priorità assoluta al bene comune delle persone”. Da qui la preghiera e l’invocazione “per la liberazione di tutti coloro che sono stati privati della libertà, per il ritorno dei dispersi, degli ostaggi e per la guarigione delle famiglie che soffrono da tempo, in ogni parte”.
“Quando questa guerra sarà finita – ha dichiarato il patriarca latino – avremo un lungo cammino davanti a noi per iniziare il processo di guarigione e riconciliazione tra il popolo palestinese e il popolo israeliano, a partire dalle troppe ferite che questa guerra ha causato nella vita di troppe persone: una riconciliazione autentica, dolorosa e coraggiosa. Non dimenticare, ma perdonare. Non cancellare le ferite, ma trasformarle in saggezza. Solo un percorso del genere può rendere possibile la pace, non solo politicamente, ma anche umanamente. Come pastori della Chiesa in Terra Santa, rinnoviamo il nostro impegno per una pace giusta, per una dignità incondizionata e per un amore che trascende ogni confine. Non trasformiamo la pace in uno slogan, mentre la guerra rimane il pane quotidiano dei poveri”.
[Fonte: Sir; Foto: Latin Patriarchate of Jerusalem]