Riconoscere la Palestina?

Dopo Francia e Regno Unito anche il Canada annuncia l’intenzione di riconoscere uno Stato palestinese, mentre Berlino avverte Israele: “reagiremo alle mosse unilaterali in Cisgiordania”. Il punto di Alessia de Luca per l’ISPI.
Ottawa si unisce a Parigi e Londra, annunciando l’intenzione di riconoscere lo Stato palestinese a settembre, durante la prossima Assemblea Generale dell’Onu. Il primo ministro Mark Carney ha spiegato che “il Canada è impegnato da tempo a favore di una soluzione dei due Stati” e che “per decenni si è sperato che questo risultato potesse essere raggiunto nell’ambito di un processo di pace”. Tuttavia, ha aggiunto: “la crisi in corso a Gaza significa che la prospettiva di uno Stato palestinese si sta letteralmente allontanando davanti ai nostri occhi”. Carney ha inoltre affermato che questo annuncio è stato preceduto dall’impegno di Abbas a “tenere elezioni generali nel 2026, in cui Hamas non potrà avere alcun ruolo, e a demilitarizzare lo stato palestinese”. Gli annunci riflettono la profonda frustrazione per la condotta israeliana della guerra a Gaza, che ha ucciso oltre 60mila palestinesi, in prevalenza donne e bambini, e lasciato una popolazione di circa due milioni di persone in uno stato di carestia ed estrema privazione. Nei mesi scorsi questo aveva portato altri stati europei, tra cui Spagna, Irlanda e Norvegia, a riconoscere lo Stato palestinese. Anche se ciò non ha realmente il potere di ridisegnare i confini o creare nuove mappe, la presa di posizione di questi paesi è vista come una svolta significativa nel conflitto mediorientale. Intanto perché proviene da democrazie potenti e consolidate, esponenti di forum internazionali di peso come il G7. E poi, nel caso di Francia e Regno Unito, la decisione assume anche un forte significato simbolico: Londra e Parigi, in quanto storiche potenze coloniali, furono tra i principali artefici della mappa del Medio Oriente moderno. Questo riconoscimento, concordano gli osservatori, appare come un’ammissione che quanto accaduto al popolo palestinese è stata una profonda ingiustizia.
Trump minaccia ritorsioni?
L’annuncio del premier canadese in linea con Francia e Regno Unito è considerato una svolta significativa nella politica estera di Ottawa e ha provocato le vibrate proteste di Israele: “Il cambiamento di posizione del governo canadese in questo momento è una ricompensa per Hamas e danneggia gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco a Gaza e un quadro per il rilascio degli ostaggi” si legge in una nota del Ministero degli esteri. Il Canada è la terza nazione del G7 a fare una dichiarazione di questo tipo, un’azione che il presidente americano Donald Trump aveva già criticato in passato. Ma mai prima d’ora, il tycoon si era spinto a tanto: Trump ha scritto sul social Truth che “Questo renderà molto difficile per noi concludere un accordo commerciale con loro” di fatto minacciando il Canada di intensificare la guerra commerciale se quest’ultimo riconoscerà lo Stato di Palestina. Al momento, la maggior parte dei paesi delle Nazioni Unite – 147 su 193 – riconosce lo Stato palestinese, che ha lo status di osservatore presso le Nazioni Unite. Il riconoscimento da parte delle democrazie occidentali tradizionalmente filo-israeliane è il frutto di una crescente disillusione nei confronti delle politiche israeliane. Inoltre, se Londra e Parigi agiranno come annunciato, metteranno Washington nella scomoda posizione di rimanere l’unico membro permanente del Consiglio di Sicurezza a non riconoscere la Palestina. Ciò conferirebbe ai palestinesi una legittimità molto maggiore, che può avere un peso reale nel diritto internazionale e in istituzioni come le Nazioni Unite e la Corte penale internazionale.
La Francia denuncia gli aiuti-trappola?
Intanto nella Striscia la situazione è sempre più disperata. Secondo le autorità sanitarie, nelle ultime 24 ore sono stati uccisi almeno 111 palestinesi, di cui 91 mentre cercavano di accedere agli aiuti umanitari. Questo porta a 1330 il bilancio delle vittime e a oltre 8mila quello dei feriti tra coloro che hanno cercato aiuti umanitari da quando, il 27 maggio, la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), finanziata e sostenuta da Washington e Israele, ha iniziato a distribuire aiuti nell’enclave. La portata dei massacri consumati intorno ai centri di distribuzione è tale da aver convinto il ministro degli Esteri francese a chiedere una sospensione delle sue attività: “Voglio chiedere la fine delle attività della Gaza Humanitarian Foundation la cui distribuzione di aiuti umanitari militarizzati ha causato bagni di sangue tra le persone in coda per gli aiuti” ha dichiarato Jean-Noël Barrot ai giornalisti dopo un incontro con il suo omologo cipriota, Constantinos Kombos, a Nicosia. ”È uno scandalo, è vergognoso e deve finire”, ha aggiunto Barrot. Intanto, mentre i negoziati per il cessate il fuoco languono, Israele ha inviato un messaggio ad Hamas: se non accetterà la proposta avanzata nei prossimi giorni, Gerusalemme inizierà ad adottare misure punitive nei suoi confronti, tra cui l’annessione di territori sul perimetro esterno della Striscia. Secondo quanto dichiarato da un alto funzionario israeliano al Canale 12, Israele ha detto ad Hamas che non abbandonerà il corridoio di Philadelphi lungo il confine tra Gaza e l’Egitto, né la zona cuscinetto attorno al confine di Gaza; non consentirà l’apertura del valico di Rafah e non accetterà le richieste di Hamas di liberare i prigionieri.
Anche Berlino apre al riconoscimento?
E mentre l’Europa si divide tra annunci di riconoscimento e uno scontro all’ultimo voto sulla sospensione all’accordo commerciale con Israele, anche Berlino – baluardo di un sostegno storico incondizionato a Israele – sembra prossimo a rompere gli indugi. Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dichiarato che “in vista delle aperte minacce di annessione da parte di alcuni membri del governo israeliano, un numero crescente di paesi europei è pronto a riconoscere uno Stato di Palestina senza previe negoziazioni”. Il riferimento è alla mozione approvata da più di 70 parlamentari israeliani, tra cui alcuni appartenenti alla coalizione di destra del primo ministro Benjamin Netanyahu, che esorta il governo ad annettere la Cisgiordania occupata. Le dichiarazioni del ministro tedesco sono arrivate poche ore prima di una sua visita nella regione, durante la quale Wadephul incontrerà il suo omologo israeliano, Gideon Saar, e il presidente Isaac Herzog, oltre al premier Benjamin Netanyahu. Successivamente, il ministro si recherà anche in Cisgiordania per incontrare il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas. Wadephul ha ribadito la posizione di Berlino secondo cui “il riconoscimento di uno Stato palestinese dovrebbe avvenire alla fine del processo” di negoziati, ma ha sottolineato che “questo processo deve iniziare ora” e che “anche la Germania sarà costretta a reagire alle mosse unilaterali”.
Il commento di Sara Isabella Leykin, ISPI MENA Centre
“Sin dalla sua fondazione, uno dei pilastri della politica estera di Israele è stato l’ottenimento del riconoscimento della sua esistenza e delle sue esigenze di sicurezza da parte della comunità internazionale. Oggi, tuttavia, il governo israeliano – dopo aver polarizzato le divisioni interne, minato l’equilibrio istituzionale e le stesse fondamenta democratiche del Paese e attaccato lo stesso apparato di sicurezza – con la sua guerra senza fine a Gaza sta anche allontanando i suoi più stretti alleati occidentali. Inoltre, invece di accogliere con favore la condanna da parte della Lega Araba dell’attacco di Hamas del 7 ottobre – cosa che Israele ha costantemente richiesto negli ultimi 22 mesi – i membri dell’esecutivo stanno intensificando le richieste di annessione della Striscia di Gaza e della Cisgiordania. Anziché distanziarsi da quei ministri che sostengono la distruzione di un’intera popolazione per la stragrande maggioranza disarmata, il primo ministro Netanyahu sembra continuare ad appoggiarne le intenzioni. Se la vita dei palestinesi conta così poco per Bibi e i suoi alleati, dovrebbe però almeno preoccuparsi del destino dei propri cittadini. La guerra a oltranza e la violenza indiscriminata non possono soddisfare le esigenze di sicurezza di Israele: solo la pace può farlo. E la pace inizia con il riconoscimento dello Stato di Palestina”.
[Fonte e Foto: ISPI]