Romanelli, “la comunità internazionale non dimentichi Gaza”

Lo scoppio della guerra tra Israele e Iran sta oscurando il conflitto a Gaza dove si combatte ancora e dove il bilancio dei morti continua a salire. Per Israele ormai Gaza è “un fronte secondario”. Il nord della Striscia è quasi totalmente distrutto, dice al Sir il parroco di Gaza, padre Romanelli, che ricorda le drammatiche condizioni in cui versa la popolazione civile: “Qui si muore ogni giorno. La comunità internazionale non dimentichi Gaza”. Il servizio è di Daniele Rocchi.
“Ojos que no ven, corazón que no siente”: cita l’adagio in spagnolo, ma conosciuto ovunque, padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia, l’unica parrocchia latina di Gaza, per descrivere al Sir il dramma della Striscia di Gaza: “Occhi che non vedono, cuore che non sente”. Dopo diversi giorni di blackout delle telecomunicazioni, dovuto ai raid aerei israeliani, e solo da poco ripristinate, a far sparire adesso la guerra di Gaza dai radar dell’informazione internazionale è il conflitto tra Israele e Iran scoppiato il 13 giugno scorso e che sta provocando morti e feriti sia a Teheran che a Tel Aviv e in altri centri dei due Paesi. Su Gaza è calato il buio, “non se ne parla, l’attenzione internazionale sembra scemata ma qui si combatte ogni giorno e la popolazione vive una tragedia senza fine” ribadisce il parroco di origini argentine. Per l’Esercito israeliano (Idf) Gaza è diventata “un fronte secondario” ora che si è aperto il conflitto con l’Iran. “Occhio non vede, cuore non duole”, ma questo non si significa che a Gaza non si muore più: di questa mattina la notizia, diffusa dal quotidiano israeliano Haaretz, della morte di 20 persone uccise dall’Idf mentre erano in fila per ricevere aiuti umanitari al centro di distribuzione di Rafah, nel sud, gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf) sostenuta da Israele e Stati Uniti.
Lotta per la sopravvivenza. A Gaza la popolazione lotta per sopravvivere. “Immaginate – spiega – una città come Roma, (che ha una popolazione di poco superiore a quella di Gaza), i cui abitanti sono costretti a recuperare del cibo in 3 o 4 punti di distribuzione dislocati in diverse zone, con tutto quello che ne consegue in termini di disagi e pericoli. Quello che vediamo oggi a Gaza è vergognoso”.
“La comunità internazionale non dimentichi Gaza”.
“Chi aveva ancora del denaro da parte lo ha finito per acquistare del cibo anche a prezzi esorbitanti: “1 kg di caffè arabo può arrivare a costare anche 1000 shekel, poco meno di 250 euro – rivela il parroco -. Il caffè viene usato praticamente a chicchi. Una cipolla 15 euro. Oramai si usa di tutto per soddisfare la fame, anche resti di lenticchie bruciate”. E intanto ci continua a combattere. “Spari e fragore delle bombe si sentono dappertutto – racconta padre Romanelli -. Spesso delle schegge arrivano anche all’interno della nostra parrocchia, situata nel quartiere al-Zaitoun di Gaza City, dove stiamo dando rifugio a circa 500 sfollati cristiani che non hanno più nulla. Tra loro anche bambini disabili e persone vulnerabili assistite dalle suore di Madre Teresa”. Per venire incontro ai bisogni degli sfollati, afferma il parroco,
“stiamo razionando le derrate alimentari che abbiamo messo da parte anche per aiutare migliaia di famiglie musulmane che vivono intorno a noi. Tanti prodotti cominciano a scarseggiare e i prezzi sono molto alti. Le persone di Gaza che incontriamo e con cui parliamo ci dicono che non hanno più speranza in un futuro diverso da questo. Come cristiani cerchiamo di trovare nella preghiera un fondamento di speranza. La guerra finirà, non sappiamo quando, ma finirà”.
Trasmettere speranza. Nonostante le bombe e la fame facciano parte della quotidianità dei gazawi, nella parrocchia latina la vita va avanti e in queste giornate padre Romanelli con i volontari, le suore e i suoi vicari, continuano a organizzare delle attività per i più piccoli e per i ragazzi: “è importante che siano impegnati in giochi e svaghi necessari per alleviare il peso opprimente della guerra. In questi giorni abbiamo avviato una specie di oratorio all’interno delle strutture parrocchiali. I bambini sono impegnati, tra le varie cose, a scrivere un giornalino dove si possono leggere i loro pensieri, racconti, dove attaccano delle immaginette sacre, disegnare le vite dei santi. Fanno collezioni di santini e così, tra giochi e divertimento, passano le loro giornate. A Gaza si sopravvive anche così”.
[Fonte: Sir; Foto: Vatican News]