Il Papa, "sì, faccio politica, quella del Vangelo"
"La Chiesa è santa e peccatrice, come diceva sant'Agostino. La stragrande maggioranza dei suoi membri è sana, ma non si può negare che alcuni ecclesiastici e tanti, direi, falsi 'amici' laici della Chiesa abbiano contribuito ad appropriarsi indebitamente del patrimonio mobile e immobile, non del Vaticano, ma dei fedeli". Tocca anche la questione degli scandali finanziari che hanno investito la Santa Sede, papa Francesco nel nuovo libro "El pastor" (Il pastore), in uscita in Argentina a firma dei giornalisti Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin, e di cui l'ANSA ha dato oggi anticipazione.
"Siamo stati noi a rilevare l'acquisto sospetto di un immobile a Londra, io mi sono rallegrato perché significa che oggi l'amministrazione vaticana ha le risorse per fare chiarezza sulle cose brutte che accadono all'interno. Ma riconosco che mettere tutto in ordine non è stato facile e che c'è sempre la possibilità che appaia qualche nuova situazione dannosa, anche se è più difficile che si verifichi", aggiunge il Pontefice nel capitolo "Di templi e mercanti".
Seguito ideale de "Il gesuita" - scritto nel 2010 quando Jorge Mario Bergoglio era arcivescovo di Buenos Aires e diventato bestseller mondiale nel 2013 con l'elezione a Papa -, nel nuovo volume Francesca Ambrogetti, ex responsabile dell'ANSA in Argentina, e Sergio Rubin, del quotidiano El Clarin, propongono sia un'analisi serrata che un racconto appassionante del pontificato di Francesco, frutto di periodiche interviste condotte nell'arco di questi 10 anni.
"Sì, faccio politica. Perché tutti devono fare politica. Il popolo cristiano deve fare politica. Quando leggiamo ciò che disse Gesù, vediamo che era coinvolto nella politica. E cos'è la politica? Uno stile di vita per la polis, per la città. Quello che non faccio io, né dovrebbe fare la Chiesa, è la politica dei partiti. Ma il Vangelo ha una dimensione politica, che è quella di convertire la mentalità sociale, anche religiosa, delle persone", afferma il Papa nel capitolo "Dinanzi ad attacchi e resistenze", rispondendo così alle accuse di essere troppo politicizzato. E sulle sue critiche al capitalismo, "preciso anzitutto che tutto ciò che dico è nella Dottrina sociale della Chiesa", premette. "Non condanno il capitalismo. Né sono contro il mercato, ma favorevole a quella che Giovanni Paolo II ha definito 'economia sociale di mercato'". Poi "mi concentro preferenzialmente sui poveri perché è quello che ha fatto Gesù e quello che dice il Vangelo". E "quello su cui penso possiamo essere tutti d'accordo è che la concentrazione della ricchezza e la disuguaglianza sono aumentate. E che ci sono molte persone che muoiono di fame".
Secondo Francesco, inoltre, "il problema economico più urgente oggi è che prevale la finanza. In un certo senso, il capitalismo è quasi una cosa del passato". La ricchezza, insomma, "deve essere sempre partecipativa. Se si chiude su se stessa, fa male, o almeno è sterile, non è feconda". In materia di rapporti Stato-Chiesa, poi, il Papa sottolinea che "uno Stato deve essere laico, perché gli Stati confessionali finiscono male. Gli accoppiamenti Chiesa-Stato non funzionano. Difendo la laicità dello Stato, non il laicismo che, ad esempio, non ammette immagini religiose negli spazi pubblici".
Ma sono davvero tanti i temi trattati nel libro, a partire dal Conclave del 2013. Quindi le questioni degli immigrati, i gay, l'aborto, i peccati sessuali, gli abusi sui minori, su cui Bergoglio risponde che il suo pontificato "sarà valutato in gran parte da come ha affrontato questo flagello". Poi il matrimonio e la famiglia, la "casa comune" minacciata, le riforme economiche e della Curia romana, il "genio femminile", il "carrierismo" nella Chiesa. E, non certo ultimi, molti aspetti personali, sull'uomo-Bergoglio, persino attraverso un test psicologico, cui il Papa si sottopone docilmente. "Ho avuto le mie crisi di fede, ma le ho superate con l'aiuto di Dio - ammette il Papa -. In ogni caso, una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi. Così come una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere".
E sulla Chiesa che vorrebbe lasciare dopo di sé, Francesco spiega che "la vicinanza è essenziale. La Chiesa è madre, e io non conosco nessuna mamma 'per corrispondenza'. La madre dà affetto, tocca, bacia, ama. Quando la Chiesa non è vicina ai suoi figli perché è impegnata in mille cose o comunica con loro attraverso i documenti, è come se una madre comunicasse con i suoi figli per lettera".
C'è spazio anche per l'accordo tra Santa Sede e Cina, su cui "non sono all'oscuro dei problemi e delle sofferenze", ma "rispettiamo il popolo cinese. L'unica cosa che la Chiesa vuole è la libertà di compiere quella missione. Non chiediamo di più". Ed è disposto ad andare in Cina? "Domani stesso, se fosse possibile!", ribadisce il Pontefice.