Donne in Africa, agenti di sviluppo

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Uno studio evidenzia i benefici della formazione e dell’occupazione femminile per le economie del continente. Esistono chiare strade da percorrere per dare alle donne maggiori possibilità lavorative nel settore formale e nello stesso tempo vederne le positive ricadute sulle economie nazionali. Ne riferisce Antonella Sinopoli su Nigrizia.

L’economia dei paesi africani potrà avere uno slancio se le politiche degli stati, ma anche i privati, garantiranno una maggiore partecipazione femminile nel mondo del lavoro formale.

Lo studio Giovani donne in Africa: agenti di crescita e trasformazione economica condotto da McKinsey & Company evidenzia che un possibile aumento del PIL del 5% entro il 2030, ovvero 287 miliardi di dollari, sarà legato a quante donne saranno introdotte nel mondo del lavoro, vale a dire almeno 23 milioni.

Il rapporto evidenzia dunque la necessità di frenare il trend negativo che comincia a farsi notare. Nel 2022, il PIL collettivo dell’Africa ammontava a circa 3,1 trilioni di dollari. Le giovani donne vi hanno contribuito solo per l’11% (340 miliardi di dollari).

Il tasso era del 18% nel 2000. Non solo il Covid19 è stato la causa del peggioramento – e quindi le donne ne hanno sopportato le maggiori conseguenze – ma è aumentato il numero di giovani donne che non hanno lavoro, istruzione e formazione.

Bisogna guardare alla Namibia per avere un esempio positivo di maggiore parità di genere nel settore lavorativo. Il contributo delle giovani donne al PIL in questo paese è salito dal 40% nel 2017 al 42% nel 2022 che seppure può sembrare modesto, è un avanzamento importante.

Questo è stato possibile anche in seguito alla modifica dei diritti di proprietà e dei beni e ad una politica sull’istruzione che ha migliorato i tassi di completamento scolastico per l’accesso delle ragazze e delle donne alla formazione professionale, alla scienza e alla tecnologia.

Vie da percorrere

Esistono quindi chiare strade da percorrere per dare alle donne maggiori possibilità lavorative nel settore formale e nello stesso tempo vederne le positive ricadute sull’economia nazionale.

La prima è una legislazione che vada verso la parità di genere, l’altra riguarda iniziative finanziate dal governo o dai datori di lavoro privati per realizzare o aumentare il numero degli asili nido. Ma soprattutto è fondamentale garantire che più ragazze si iscrivano e completino l’istruzione superiore.

Il fatto che solo il 26% delle ragazze africane completi la scuola secondaria e l’8% segua un’istruzione terziaria “ha un impatto significativo sul loro accesso a lavori meglio retribuiti e, quindi, sul loro contributo complessivo al PIL”, afferma il rapporto.

La mancata istruzione delle ragazze può comportare una perdita di 10 miliardi di dollari nel PIL in tutto il continente. Per garantire che le giovani donne possano accedere all’istruzione, soprattutto nelle zone rurali è necessario – si afferma – sviluppare soluzioni innovative per mantenere le ragazze a scuola.

Abbandono scolastico e gravidanze precoci

Queste dovrebbero tra l’altro affrontare la salute e l’igiene mestruale delle ragazze. Un rapporto dell’UNESCO stima che una ragazza su dieci nell’Africa subsahariana non va a scuola durante il ciclo mestruale. Secondo alcune stime, ciò equivale al 20% sull’intero anno scolastico.

Molte ragazze addirittura abbandonano del tutto la scuola una volta che iniziano le mestruazioni. Bisognerebbe poi affrontare il problema dei matrimoni precoci ancora troppo elevato in Africa, con il 34% delle ragazze già sposate all’età di 18 anni.

Questo aspetto si lega alla gravidanza adolescenziale. Nell’Africa subsahariana, tali percentuali sono in aumento: una giovane donna su quattro partorisce prima dei 18 anni.

In quest’ottica, sarebbe dunque assai utile sviluppare programmi di istruzione che diano una seconda opportunità alle giovani che hanno abbandonato la scuola, in modo da consentire loro di acquisire competenze e diplomi che possono contribuire ad aumentare le opportunità di accesso al lavoro.

Considerando che l’Africa ha bisogno di circa 16,6 milioni di educatori in più, creare opportunità per le giovani donne in settori quali l’istruzione e l’amministrazione contribuirebbe notevolmente a colmare questa lacuna.

C’è poi l’aspetto che riguarda il ruolo di cura, e dunque di moglie, figlia e madre della donna. Affrontare il campo della salute, le modalità di cura e di assistenza darebbe alle donne più tempo per occuparsi di sé stesse e impegnarsi nella ricerca del lavoro e nell’occupazione.

Si stima che questo potrebbe consentire a 11,4 milioni di giovani donne di impegnarsi in attività lavorative.

Servizi finanziari e conoscenza digitale

Altro ostacolo per le donne e per la loro indipendenza è l’accesso molto più limitato ai servizi finanziari – conti bancari, assicurazioni, prodotti di credito -, rispetto agli uomini.

Nel 2020, uno sconcertante 63% delle donne africane erano prive di servizi bancari, contro il 52% degli uomini. Medesima situazione per la popolazione underbanked (persone con un conto in banca ma che non hanno accesso a una gamma completa di servizi finanziari).

Nel 2021, il 66% delle donne nell’Africa subsahariana era underbanked, contro il 54% degli uomini. Questo accade perché spesso queste donne lavorano in microimprese informali e dunque hanno minore stabilità di reddito che tra l’altro non può essere documentato per un eventuale accesso a crediti o altri servizi finanziari.

E la situazione è ancora più critica nelle aree rurali dove il lavoro agricolo da parte delle donne renderebbe indispensabile avanzare verso nuovi sistemi e tecnologie, attraverso un ecosistema creditizio più inclusivo e di facile comprensione, al quale però non hanno accesso.

Una disparità esiste anche per i dati mobili e i movimenti di denaro attraverso le app telefoniche, disparità che comunque si sta riducendo in quanto ormai quasi tutte le donne che lavorano nei settori informali usano sistemi di pagamento e ricezione di denaro tramite telefono.

In Kenya, ad esempio, le giovani donne sono al pari degli uomini nell’utilizzo del denaro mobile e nell’accesso ai data.

Le giovani donne hanno comunque un potenziale significativo per contribuire alla crescita dei loro paesi nei vari settori: dall’agricoltura al commercio specializzato e all’economia digitale; dalla produzione di beni di consumo all’istruzione; dall’informazione alla comunicazione e alla tecnologia.

Ed ecco perché è fondamentale l’accesso sempre più ampio alla conoscenza digitale. Secondo il report, infine, i paesi che registreranno la crescita più rapida di donne nel lavoro formale, sono Repubblica democratica del Congo, Egitto, Etiopia, Kenya, Mali, Nigeria, Rwanda, Senegal, Tanzania e Uganda.

[Fonte: Nigrizia; Foto: Nigrizia/jamies.x.co/Pexels]