“Spiragli di pace per il Sud Sudan”, annuncia il presidente Kiir incontrando i vescovi
Spiragli di pace in Sud Sudan. Ad annunciarli è stato il presidente Salva Kiir Mayardit durante l’incontro con una delegazione di vescovi del Paese, tenutosi il 25 novembre, al termine della celebrazione del Congresso Eucaristico e del Giubileo d'oro della Chiesa cattolica in Sud Sudan e in Sudan.
“Sappiamo che il presidente è un uomo di pace e ci ha informato sull'iniziativa di pace Tumaini; ci ha detto che la delegazione governativa è ora pronta a recarsi a Nairobi per negoziare al fine di raggiungere una pace duratura nel Paese", ha affermato il cardinale Stephen Ameyu Martin Mulla, arcivescovo di Juba, secondo quanto riporta l'agenzia vaticana Fides.
L’iniziativa di pace Tumaini, alla quale faceva riferimento il cardinale Mulla è un protocollo d’intesa firmato dal governo provvisorio e dall’Alleanza del movimento di opposizione del Sudan del Sud (South Sudan Opposition Movement Alliance, SSOMA). Questi accordi prevedevano di tenere le elezioni generali entro quest’anno, ma queste sono state posticipate al febbraio 2027.
Al termine dalla sua Assemblea plenaria la Conferenza episcopale di Sudan e Sud Sudan aveva espresso preoccupazione per lo stato di avanzamento del processo di pace in Sud Sudan.
Incontrando i vescovi, il presidente Kiir ha accolto il loro appello e li ha rassicurati del suo impegno nel mantenere la pace nel Sud Sudan.
Il presidente e i vescovi hanno anche affrontato il tema della crisi nel vicino Sudan, dove il conflitto tra le fazioni in lotta ha provocato enormi danni umani e materiali. Sia il presidente Kiir che i vescovi cattolici hanno esortato le fazioni in guerra in Sudan a porre fine al conflitto e a lavorare per una pace duratura.
L'allarme dei vescovi sulla situazione in Sudan e Sud Sudan
“Con i ricorrenti rinvii delle elezioni democratiche nel Sudan del Sud, la speranza di una pace sostenibile sta scemando”, avevano avvertito i vescovi del Sud Sudan e del Sudan, al termine del loro incontro sulla pace nei due Paesi tenutosi a Kit, nello Stato dell’Equatoria orientale (Sud Sudan).
Il Sud Sudan sta cercando a fatica di uscire dalla guerra civile scoppiata nel dicembre 2013 che ha visto contrapposti il presidente Salva Kiir e il vice presidente Riek Machar. Nel 2018 le parti in lotta hanno firmato l’Accordo rivitalizzato sulla risoluzione del conflitto nella Repubblica del Sud Sudan (Revitalised Agreement on the Resolution of the Conflict in the Republic of South Sudan, R-ARCSS).
Il termine “rivitalizzato” si riferisce al precedente accordo firmato nel 2015 ma mai attuato. All’ R-ARCSS) si è aggiunto il “Tumaini Consensus”, un protocollo d’intesa firmato dal governo provvisorio e dall’Alleanza del movimento di opposizione del Sudan del Sud (South Sudan Opposition Movement Alliance, SSOMA). Come detto, questi accordi prevedevano di tenere le elezioni generali entro quest’anno, ma queste sono state posticipate al febbraio 2027.
I vescovi avevano esortato “il governo del Sud Sudan e i gruppi di opposizione ad accelerare l'attuazione delle tappe fondamentali dell'Accordo rivitalizzato del 2018 sulla risoluzione del conflitto nella Repubblica del Sud Sudan (R-ARCSS) e la rapida conclusione del previsto Consenso di Tumaini del 2024 senza ulteriori indugi”. Avevano chiesto inoltre la rapida promulgazione di una nuova Costituzione ed esortato la comunità internazionale a continuare a sostenere gli sforzi del Sud Sudan per raggiungere stabilità e sviluppo.
Una stabilità ancora difficile da raggiungere come dimostrato dalla sparatoria scoppiata il 21 novembre nella capitale Juba al seguito del tentativo di arresto dell’ex capo del servizio di sicurezza (National Security Service, NSS). Akol Koor Kuc. Quest’ultimo ha guidato l’NSS dal 2011 fino ai primi di ottobre, quando è stato dimesso dal Presidente Kiir. La defenestrazione del fino ad allora capo dell’intelligence secondo osservatori indipendenti è indice di una lotta di potere interna al regime di Kiir.
Per quanto riguarda la situazione in Sudan, sconvolto dalla guerra civile scoppiata il 15 aprile 2023, i vescovi avevano ricordato che "migliaia di sudanesi hanno perso la vita e milioni sono fuggiti dalle loro case per cercare rifugio in Stati relativamente pacifici o nei paesi vicini. Le conseguenze umanitarie sui civili sono andate oltre la tolleranza e devono essere condannate nei termini più forti possibili”. Avevano quindi esortato “le parti in conflitto e i loro sostenitori a rispettare il diritto umanitario e ad astenersi dal bloccare i corridoi umanitari per l'assistenza salvavita”.
[Fonte: Fides; Foto: Nigrizia]