L'INTERVENTO / Maturità: Anna Frank, i diari e i social
Pubblichiamo l'intervento, comparso su Moked/Pagine Ebraiche, di Anna Segre, insegnante del liceo classico Alfieri di Torino.
Il 28,9% degli studenti che hanno affrontato quest’anno la prima prova dell’Esame di Stato ha scelto Anna Frank. O, più precisamente, un passo di Maurizio Caminito, tratto da Profili, selfie e blog che cita il diario di Anna Frank. Dunque si parla di Shoah? Macché. Di ebrei? Men che meno. Di persone perseguitate costrette a nascondersi? Neppure. Si tratta solo di uno spunto per portare i maturandi a riflettere “sul mutamento che ha subìto la scrittura diaristica a causa dell’affermazione dei blog e dei social”.
Vale la pena di riportare la citazione e il modo in cui viene introdotta e commentata:
Nel suo diario Anna Frank raccontava la sua vita a un’amica fittizia cui aveva dato il nome di Kitty. A lei scrive tra l’altro: «Ho molta paura che tutti coloro che mi conoscono come sono sempre, debbano scoprire che ho anche un altro lato, un lato più bello e migliore. Ho paura che mi beffino, che mi trovino ridicola e sentimentale, che non mi prendano sul serio. Sono abituata a non essere presa sul serio, ma soltanto l’Anna ‘leggera’ v’è abituata e lo può sopportare, l’Anna ‘più grave’ è troppo debole e non ci resisterebbe».
Chi oggi scrive più in solitudine, vergando parole sui fogli di un quaderno di cui solo lui (o lei) ha la chiave? Chi cerca, attraverso il diario, la scoperta di un “silenzio interiore”, “la parte più profonda di sé”, che costituirà, per chi lo scrive, il fondamento dell’incontro con gli altri?
Da lì l’autore prosegue il confronto tra il diario del buon tempo antico e la rappresentazione di sé nell’era digitale. Non conosco e non posso giudicare il testo di Caminito, ma questo passo preso da solo, così come appare nella traccia dell’Esame di Stato, è sconcertante: non dice nulla di chi fosse Anna Frank, e di conseguenza non spiega perché si fosse trovata a scrivere in solitudine a un’amica fittizia anziché andare a divertirsi con i suoi coetanei; qualcuno potrebbe pensare che sia stata una sua libera scelta. D’accordo, si suppone che i maturandi sappiano chi era Anna Frank. Resta il fatto che le circostanze in cui si trovò a scrivere il diario sono presentate come del tutto irrilevanti: la ragazza ebrea che Wikipedia definisce “un simbolo della Shoah” è semplicemente una ragazzina che scrive un diario personale e segreto perché non vive ancora nell’epoca dei blog e dei social. Gli estensori della traccia hanno omesso volutamente qualunque riferimento agli ebrei e alla Shoah o semplicemente viviamo nell’epoca della decontestualizzazione selvaggia? E quale delle due ipotesi è più inquietante?
Questa traccia mi ha fatto venire voglia di andare a rileggere Lo scrittore fantasma di Philip Roth, ambientato nel 1956, che mette in scena (anche se solo nella fantasia del protagonista Nathan Zuckerman) una Anna Frank sopravvissuta alla Shoah e descrive i suoi sentimenti quando scopre, a 26 anni, il proprio diario pubblicato dal padre rendendosi così conto di essere diventata la scrittrice famosa che da ragazzina sognava di diventare; riflette poi sul valore del diario e su quella che definisce la sua missione, anche in rapporto al modo in cui viene presentata la sua identità ebraica. Seguendo la suggestione di Roth ho provato a immaginare una Anna Frank sopravvissuta, oggi novantacinquenne. Chissà che cosa penserebbe dei blog e dei social. Chissà se non proverebbe magari un po’ di invidia per gli adolescenti che possono permettersi di mettere in piazza i fatti propri senza doversi nascondere.
[Photo Credits: Moked/Pagine Ebraiche]