Zuppi, "pericolo populismi, possono privarci della democrazia"

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Il presidente della Cei, alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella, apre la 50a Settimana sociale dei cattolici italiani a Trieste. "Il cattolicesimo italiano non si è chiuso in sacrestia".

"L'Enciclica Fratelli tutti ci offre un orizzonte concreto, possibile, attraente, condiviso. Un unico popolo. Perciò, guardiamo con preoccupazione al pericolo dei populismi che, se non abbiamo memoria del passato, possono privarci della democrazia o indebolirla!". Così il cardinale Matteo Zuppi durante la cerimonia di apertura della 50a Settimana sociale dei cattolici italiani, a Trieste. "La partecipazione, cuore della nostra Costituzione, consente e richiede la fioritura umana dei singoli e della società, accresce il senso di appartenenza, educa ad avere un cuore che batte con gli altri, pur tra le differenze", ha affermato in conclusione del suo saluto, alla presenza del presidente della Repubblica Segio Mattarella.

Secondo il card. Zuppi, "quando la gente si sente parte, avviene il miracolo dell’umanizzazione dei rapporti sociali ed economici: ciò si realizza nei corpi intermedi, nelle istituzioni, sui territori, nelle grandi aree metropolitane e nelle aree interne, al Nord come al Sud". "È bello per noi iniziare la Settimana Sociale in questa città di frontiera - ha osservato -. Vogliamo incarnare uno stile inclusivo, di unità nelle differenze. Soprattutto vogliamo esprimere tutto l’amore di cui siamo capaci per il nostro Paese. Amiamo l’Italia e, per questo, ci facciamo artigiani di democrazia, servitori del bene comune".

Il saluto a Mattarella, "custode e garante della democrazia"

"Ringrazio il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la sua presenza che onora questa Settimana e lo ringrazio per il suo servizio di custode e garante della democrazia e dei valori della nostra Repubblica e dell'Europa". Sono le parole - applaudite dal pubblico - del cardinale Matteo Zuppi, del suo saluto. Zuppi lo ha rivolto anche al presidente della Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, alla città di Trieste, con le autorità civili e religiose - il prefetto Pietro Signoriello, il sindaco Roberto Dipiazza e il vescovo Enrico Trevisi -, ai rappresentanti delle Chiese e delle Comunità religiose, e "a tutti i partecipanti alla 50/a Settimana Sociale dei cattolici in Italia".

"Il cattolicesimo italiano non si è chiuso in sacrestia"

"Dal 1907 a oggi il cattolicesimo italiano non è rimasto a guardare, non si è chiuso in sacrestia, non si è fatto ridurre a un intimismo individualista o al culto del benessere individuale, ma ha sentito come propri i temi sociali, si è lasciato ferire da questi per progredire verso un ordine sociale e politico la cui anima sia la carità sociale (Fratelli tutti, 180)", ha rimarcato il presidente dei vescovi.

"Ha pensato e operato non per sé ma per il bene comune del popolo italiano - ha proseguito -. E il bene comune non è quello che vale di meno, ma è quello più prezioso proprio perché l'unico di cui tutti hanno bisogno e che dona valore a quello personale".

"Questa è la bellezza della Chiesa cattolica - ha aggiunto Zuppi -, con i suoi limiti e miserie umane, ma che, come diceva De Lubac, 'presenta un carattere eminentemente sociale, che non si potrebbe misconoscere senza falsarla'".

"Andiamo fieri di questa storia e siamo felici di vivere questi giorni a Trieste, in una terra di confine, segnata dal dialogo interculturale, ecumenico e interreligioso, da tanta sapienza antica e recente, porta che unisce est e ovest, nord e sud, ma anche terra segnata da ferite profonde che non si sono del tutto rimarginate", ha detto ancora.

"Basta morti alle frontiere, niente muri ma ponti. I migranti chiedono di essere considerati ciò che sono: persone"

"I troppi morti ci ammoniscono a non accettare i semi antichi e nuovi di odio e pregiudizio. Non vogliamo che i confini siano muri o, peggio, trincee, ma cerniere e ponti! Lo vogliamo perché questo è il testamento di chi sulle frontiere ha perso la vita. Lo vogliamo anche per quanti, a prezzo di terribili sofferenze, si sono fatti migranti e chiedono di essere considerati quello che sono: persone! Il Vangelo ci aiuta a capire che siamo fatti gli uni per gli altri, quindi gli uni con gli altri. La nostra casa comune richiede un cuore umano e spiritualmente universale", ha sottolineato Zuppi.

"Pace e sviluppo non sono beni conquistati per sempre. Serve unità"

"La pace e lo sviluppo non sono beni conquistati una volta per tutte. Richiedono un 'amore politico' che deve assumere l'unità come un obiettivo da perseguire, da difendere e da far crescere, perché l'unità non è mai statica, ma sempre dinamica!", ha avvertito il presidente della Cei.

Tra i 'grazie' da lui pronunciati nel suo saluto, quello "agli amministratori che, pur tra sacrifici, si dedicano al bene comune e a quanti esercitano funzioni pubbliche e le adempiono con disciplina e onore (Costituzione, art. 54)", e quello "a chi svolge umilmente, secondo le proprie possibilità e scelte, 'un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società' (Costituzione, art. 4)".

"È così - ha aggiunto Zuppi - che si costruiscono inclusione e convivenza, si vincono i pessimismi, si sconfiggono le furbizie che piegano a interesse privato il bene pubblico".

"Viviamo tutti una stagione difficile e complicata. Preoccupazione della Chiesa per gli emarginati e gli esclusi"

"Rivolgo un affettuoso incoraggiamento agli sfiduciati, a chi è ai margini della strada, a chi si sente escluso e incompreso, ai poveri, a chi chiede riconoscimento e non lo trova, a chi ha perduto la speranza. Purtroppo anche tanti, tanti giovani". ha affermato il cardinale. "Viviamo tutti una stagione difficile e complicata - ha proseguito il presidente della Cei -. Cerchiamo di essere all'altezza della sfida".

"La Chiesa parla perché è libera e ha uno sguardo amorevole e benevolo verso ciascuno: di tutti è amica e preoccupata, nessuno è per lei nemico - ha soggiunto -. Per questo, come Chiesa, di tempo in tempo, con la nostra esperienza umana dell'Italia, maturata tra la gente, esprimiamo 'preoccupazioni': sono testimonianze della realtà e dei suoi angoli più dimenticati, sono offerte di dialogo in spirito di franchezza e collaborazione".

"Quale contributo, allora, può offrire la Chiesa all'Italia in questa stagione storica? - ha chiesto Zuppi - La Chiesa non rivendica privilegi, non li cerca, ben consapevole di come questi in passato l'hanno fatta percepire preoccupata per sé e meno madre". "Ci sentiamo parte di un Paese che sta affrontando passaggi difficili e crisi epocali - ha evidenziato -: basti pensare all'inverno demografico, alla crescita delle disuguaglianze, alle percentuali di abbandono scolastico, all'astensionismo e alla disaffezione sempre più numerosa alla partecipazione democratica, alla vita scartata che diventa insignificante per l'onnipotenza che si trasforma in nichilismo distruttivo di sé stesso".

"Sentiamo la sfida dell'accoglienza dei migranti - ha elencato il presidente dei vescovi -, della transizione ecologica, della solitudine che avvolge molte persone, che spegne la vita, della difficoltà di spazi per i giovani, dell'aumento della conflittualità nei rapporti sociali e tra i popoli, infine - e dovrebbe essere la prima - della guerra che domina lo scenario internazionale e proietta le sue ombre su tutto questo". "Ci angoscia il fatto che oggi i 'poveri assoluti' siano cresciuti fino a diventare più di 5 milioni e mezzo: uno su 10, tantissimi. Dovremmo interrogarci con severità: come è possibile?", ha chiesto ancora.

"Quante risorse e opportunità sprecate, è urgente più solidarietà. E che sia verso tutti, senza guardare al passaporto"

"Quante risorse sprecate, quante opportunità perdute, quanti campi in cui è urgente una maggiore solidarietà!", ha esclamato Zuppi. "Pensiamo agli anziani dei quali dobbiamo proteggere la fragilità - ha spiegato il presidente della Cei -, ai disabili, ai giovani che sentono di non avere un futuro ma in realtà lo cercano, alle donne vittime della violenza maschile, a chi lavora in condizioni inaccettabili, alla casa senza la quale non c'è integrazione e nemmeno famiglia e futuro".

"La solidarietà è verso tutti, e non guarda il passaporto perché tutti diventano il nostro prossimo e parte nel nostro futuro - ha ammonito Zuppi -. Questo, però, lo costruiamo oggi e raccoglieremo e raccoglieranno quello che oggi seminiamo!".

"L'indicazione evangelica e la Dottrina sociale della Chiesa rappresentano tanta parte dell'umanesimo che è - questa sì! - la vera identità del nostro Paese e che per questo mantiene lo sguardo critico verso possibili derive della convivenza civile - ha argomentato -. Ecco quale è la vera rilevanza della Chiesa e dei cristiani: l'amore per Cristo che la porta necessariamente a quello per i suoi fratelli più piccoli!".

"Satnam Singh uno di noi. La sua vicenda svela tante ipocrisie"

"Satnam Singh sognava il futuro e lavorava per ottenerlo: è uno di noi, lo ricordiamo con commozione e la sua vicenda è un monito che svela l'ipocrisia di tante parole che purtroppo rimangono tali e, quindi, beffarde", ha detto, molto applaudito, il card. Zuppi.

"Sentiamo totalmente estraneo a noi il caporalato, la disumanità, lo sfruttamento delle braccia che dimenticano e umiliano la persona che offre le sue braccia", ha affermato il presidente della Cei. "Mi ha compito che la persona che lo aveva ospitato ha detto di avergli dato il posto perché ricordava come suo papà emigrato dormisse nelle cabine telefoniche in Svizzera", ha proseguito. Secondo Zuppi, "la solidarietà presidia e difende la vita di tutti, tutela il diritto a nascere come quello ad essere curati e accompagnati fino alla fine, difesi dal dolore e senza che nessuna logica o calcolo affretti la morte di nessuno".

"La solidarietà è un motore invisibile ma indispensabile di tutta la vita collettiva - ha osservato ancora -. La sua mancanza indebolisce il tessuto sociale, ostacola la crescita economica, offende l'individuo e non ne sa valorizzare le capacità e, alla fine, svuota la democrazia. La solidarietà passa attraverso le comunità in cui l'uomo vive: le comunità umane ed ecclesiali, le tantissime realtà di libero e gratuito altruismo, la famiglia ma anche le comunità locali e regionali, la nazione, il continente, l'umanità intera".

"Oggi la democrazia soffre perché le società sono sempre più polarizzate"

"Oggi la democrazia soffre perché le società sono sempre più polarizzate, attraversate cioè da tensioni sempre più aspre tra gruppi antagonisti, dominate dalla contrapposizione amico-nemico, dalla pervasiva convinzione che l’individuo è tale quando è al centro, mentre è solo nella relazione che la persona comprende il suo valore", ha annotato il card. Zuppi.

"Le pandemie ci hanno fatto comprendere il senso di comune appartenenza, di comunità di destino, di partecipazione a una vicenda collettiva. Non c’è democrazia senza un 'noi'. Non c’è persona senza l’altro", ha detto il presidente della Cei nel suo saluto.

Secondo Zuppi, "la democrazia non solo afferma la libertà, ma promuove anche l’uguaglianza, non proclama astrattamente i diritti, ma difende concretamente la dignità umana soprattutto dove è più pesantemente violata".

"Ecco perché la democrazia non vuol dire solo istituzioni, leggi e procedure, diritti e doveri, ma anche inclusione dell’altro, del fragile, dell’emarginato - ha aggiunto -. Vuol dire contrasto alla cultura dello scarto, alle dipendenze con le loro drammatiche conseguenze in tante violenze, alle condizioni indegne nelle carceri, ai tanti feriti della malattia psichiatrica, e lo diciamo nel centenario di Basaglia".

"Siamo contenti quando i cattolici si impegnano in politica. Siano protagonisti nel costruire una società inclusiva"

"Ben vengano nuove forme di democrazia incentrate sulla partecipazione: questa Settimana Sociale è dedicata in larga parte proprio alle buone pratiche partecipative di democrazia. Siamo contenti quando i cattolici si impegnano in politica a tutti i livelli e nelle istituzioni, dovunque", ha proclamato il presidente della Cei.

"Siamo portatori di voglia di comunità in una stagione in cui l'individualismo sembra sgretolare ogni costruzione di futuro e la guerra appare come la soluzione più veloce ai problemi di convivenza", ha sottolineato.

"I cattolici in Italia desiderano essere protagonisti nel costruire una democrazia inclusiva, dove nessuno sia scartato o venga lasciato indietro - ha concluso -. Anche, per questo, dobbiamo essere più gioiosamente e semplicemente cristiani, disarmati perché l'unica forza è quella dell'amore".

[Photo Credits: Conferenza Episcopale Italiana]