Sudan: non sembrano esserci spiragli di pace mentre la situazione umanitaria è sempre più drammatica
“Continuiamo questa battaglia fino alla vittoria e ripeto ancora una volta che non negozieremo con un nemico che ci attacca e occupa le nostre terre”. Così il generale Abdel Fattah al-Burhan, capo delle Forze Armate Sudanesi (SAF), ha chiuso per ora al dialogo per fermare la drammatica guerra civile, che oppone le SAF alle Forze di Supporto Rapido (RSF), la milizia paramilitare guidata da Mohamed Hamdan “Hemedti” Dagalo.
Al-Burhan ha fatto questa dichiarazione - riferisce l'agenzia vaticana Fides - visitando le truppe che hanno conquistato alcune aree di Wadi Sidna e Omdurman, facenti parte dell’area metropolitana di Khartoum, la capitale sudanese sconvolta da più di un anno da furiosi combattimenti tra le due parti.
Il capo delle SAF ha ribadito che non intende cedere alle pressioni internazionali per sedersi al tavolo negoziale di Jeddah, in Arabia Saudita. “Non andremo a un tavolo di trattative dove i mediatori vogliono trascinarci per le orecchie, e non andremo a negoziare mentre il nemico occupa ancora le nostre case e saccheggia le nostre ricchezze. Non andremo ai negoziati prima che il nemico se ne vada, e i mediatori devono costringerli a farlo se vogliono che negoziamo con loro”.
Nonostante le conquiste territoriali nell’area di Khartoum da parte delle SAF, i miliziani delle RSF continuano ad avanzare in altre parti del Sudan. In particolare le RSF hanno di recente conquistato alcune basi militari nel Sennar e nel Kordofan occidentale, oltre a continuare a premere su El Fasher, la capitale del Nord Darfur, assediata dai miliziani, che continuano a bombarla indiscriminatamente, colpendo pure strutture ospedaliere. Ieri, 2 luglio, altri due ospedali sono stati colpiti da tiri di artiglieria sparati dalle RSF, secondo quanto afferma il governatore Minni Minawi. Si tratta del nono attacco contro ospedali della città dal 10 maggio.
Le nuove conquiste territoriali da parte delle RSF hanno provocato la fuga di almeno 55.000 persone da Sinja, capitale del Sennar, aggravando il bilancio umanitario del conflitto. Secondo l’ONU sono almeno 10 milioni i sudanesi sfollati dall’inizio della guerra nell’aprile 2023, spesso intrappolati in zone contese dai contendenti come nel caso di El Fasher, o come le circa 80 persone rifugiate da giugno dell’anno scorso nella missione cattolica di Dar Mariam, nel quartiere di Khartoum di al-Shajara. L’area è teatro di violenti scontri perché si trova a circa due km dalla base delle forze corazzate che le RSF cercano di conquistare.
I rifugiati sono intrappolati e finora sono stati vani i tentativi di portarli in salvo, mentre le riserve di acqua e cibo diminuiscono di giorno in giorno.
Facendosi interpreti delle sofferenze delle popolazioni i vescovi della Sudan Catholic Bishops’ Conference (SCBC, che riunisce i Vescovi di Sudan e Sud Sudan) hanno dichiarato al termine del loro incontro di fine giugno a Juba: “Il tessuto della società sudanese è stato lacerato, con persone scioccate, traumatizzate e incredule per il livello di violenza e odio”.
La dichiarazione denuncia inoltre gli interessi egoistici che hanno scatenato il conflitto: “Questa non è semplicemente una guerra tra due generali, poiché l’esercito è inestricabilmente radicato nella vita economica del paese, e sia SAF che RSF hanno ciascuna una rete di ricchi individui e cartelli d’élite sudanesi e internazionali che traggono vantaggio dal controllo di vari settori dell’economia”. In effetti le due parti in lotta controllano ognuna settori importanti dell’economia sudanese, e sono legate a sponsor esterni (vedi Fides 1/11/2023) che continuano a rifornirle di armi sempre più sofisticate come i droni.
[Questo articolo è stato pubblicato sul sito di Fides, al quale rimandiamo; Photo Credits: UNHCR/Andrew McConnell]