Nicaragua: perché Ortega ce l'ha tanto con la Chiesa cattolica?

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"Daniel Ortega e Rosario Murillo hanno sempre provato ostilità nei confronti della Chiesa cattolica e dei suoi riti", scrive online il Washington Post sotto il titolo "In Nicaragua l'unica Chiesa accettata è la Ortega-Murillo" e la firma di Wilfredo Miranda Aburto, giornalista nicaraguense, co-fondatore di 'Divergentes' e collaboratore di El País. Il riferimento non è all'aspro rapporto che c'era durante gli anni '80 tra l'istituzione religiosa e la Rivoluzione Sandinista, ma a quanto è accaduto dopo il 2006, quando la coppia è tornata al potere in Nicaragua e si è avvicinata ai templi per ottenere più consensi politici in un Paese eminentemente cattolico. Sotto un'aura di riconversione, si sono sposati in Chiesa e, subito dopo, hanno penalizzato l'aborto terapeutico per ingraziarsi la gerarchia nel momento di assumere il comando. Tuttavia, dietro il velo “cristiano, socialista e solidale”, hanno sempre litigato con alcuni prelati.

Il vescovo Rolando Álvarez, capo della diocesi di Matagalpa, è il leader cattolico più critico ancora in Nicaragua e quello più perseguitato dalla dittatura. Al punto che, per la seconda volta in meno di tre mesi, è stato accerchiato da uno schieramento sproporzionato di poliziotti antisommossa. Da mezzogiorno del 3 agosto Álvarez è stato sequestrato insieme ad altri sacerdoti e laici della curia vescovile dove vive. Gli Ortega-Murillo hanno aperto un'inchiesta contro di lui per "aver tentato di organizzare gruppi violenti, incitandoli a compiere atti di odio contro la popolazione (…) con lo scopo di destabilizzare lo Stato del Nicaragua e attaccare le autorità costituzionali". Hanno messo il prelato agli arresti domiciliari, in modo da intimidirlo e dirgli che era a un passo dal carcere per non essersi sottomesso a una coppia che si sente scelta dal disegno divino per governare. "I leader sandinisti vogliono umiliare Álvarez perché il vescovo ha esposto dal pulpito il loro marciume e la loro crudeltà", sentenzia Miranda Aburto sul Wp.

Dopo l'esilio forzato del vescovo Silvio Báez nel 2019, monsignor Álvarez è diventato uno dei principali obiettivi di attacchi e pressioni. Il Vescovo di Matagalpa ha subito anche la cancellazione di tutte le radio e televisioni cattoliche da lui dirette in Nicaragua. Il partito di governo ha quindi iniziato a considerare la messa al bando di questa scomoda voce pastorale che, in questi giorni, è al centro della persecuzione che gli Ortega-Murillo mantengono contro la Chiesa cattolica. "Una fonte legata all'ambiente presidenziale mi ha detto che la visceralità nei confronti di Álvarez non è dovuta solo alla sua posizione critica nei confronti del governo, ma anche alle preghiere di esorcismo del monsignore. Il rito ha fatto arrabbiare la coppia presidenziale, principalmente la vicepresidente Murillo. È una donna molto superstiziosa a causa delle sue convinzioni eclettiche", scrive Miranda.

L'ultima preghiera di mons. Álvarez che ha messo in tensione Murillo è stata il 4 agosto, quando il presule ha tentato di uscire in strada con il Santissimo Sacramento tra le mani ed è stato respinto dalla polizia antisommossa. "Il diavolo trema alla preghiera, il diavolo trema alla preghiera di un popolo unito (…) il male sta annegando, trema alla preghiera di un popolo che si unisce dalle montagne più profonde ai centri delle città", ha pregato con toni accorati.

La reazione di Murillo è stata furiosa. Ha detto che il suo governo "lavora duramente per costruire e difendere la pace e l'amore", quindi non accetta "mancanza di rispetto" per le credenze religiose, perché si tratta di un "crimine contro la spiritualità". "Questi sono giorni in cui tener conto che in questa patria benedetta ci sono anche delle leggi (…) non si devono commettere reati", ha minacciato la vicepresidente. Il crimine di Álvarez sta nell'avere una voce critica di fronte alla barbarie; una parabola molto sentita in un Paese dove il silenzio e la censura sono stati imposti con la violenza e il carcere. Occorre far tacere il vescovo perché le basi sandiniste cattoliche ascoltano un'altra realtà che è ben lontana da quella che la propaganda ufficiale ripete.

Gli agenti non consentono l'ingresso di viveri o medicinali in Curia, dove i religiosi hanno avviato un razionamento per resistere al sequestro. La propaganda ha chiesto il carcere nell'ultima settimana per i "delinquenti in tonaca", ma finora non ha osato arrestare monsignor Álvarez. Gli Ortega-Murillo devono calcolare che imprigionare un monsignore così amato, soprattutto nelle montagne del nord del Nicaragua, potrebbe sfuggire di mano nonostante lo stato di polizia imposto. Il vescovo non solo mette in discussione la repressione a partire dalle proteste sociali del 2018, ma prima ha capeggiato enormi proteste nel comune di Rancho Grande contro una concessione mineraria data a una transnazionale, al punto che il governo ha dovuto revocarla. "Álvarez ha passato anni a resistere a questa dittatura in cui il culto della personalità già modella Ortega come un semidio eterno", cesella il Washington Post.

A seguito del ruolo di mediazione che la Conferenza episcopale ha avuto nelle proteste del 2018, la coppia presidenziale è stata spietata con i membri della Chiesa. Il rapporto si è spezzato totalmente con il ripudio della gerarchia ecclesiastica fino al massacro di oltre 350 persone. Il corollario è stata la perentoria espulsione del nunzio apostolico Waldemar Stanislaw Sommertag nel marzo 2022. Uno studio dal titolo "Nicaragua: una chiesa perseguitata?" (2018-2022) sottolinea che dal 2018 ad oggi il cattolicesimo ha subito 190 attacchi, come l'ingresso di una folla nella cattedrale di Managua, minacce di morte contro sacerdoti e profanazione di diversi templi.

Ci sono aggressioni che meritano menzione: padre Mario Guevara ha subito un attentato con acido solforico lanciatogli contro da una donna di origine russa e vicina al partito di governo. Nel 2020 una molotov è stata lanciata contro la cattedrale di Managua e ha bruciato l'immagine molto venerata del Sangue di Cristo. Un atto dichiarato come "attentato" da papa Francesco e una delle poche condanne che il Pontefice ha pronunciato, nonostante la Chiesa del Nicaragua sia una delle più perseguitate dell'emisfero occidentale. Il Papa tace totalmente mentre i suoi pastori sono divorati dalla repressione. Anche il cardinale Leopoldo Brenes ha avuto una posizione timorosa.

Oltre alle rapine e all'esilio dei parroci, due sacerdoti sono stati recentemente condannati al carcere per reati "montati" dalla Procura. C'è una politica dello Stato di decapitare chiunque non sia sottomesso al dettame di Ortega. E monsignor Álvarez, ribelle per natura, non solo non acconsente, ma sfida proclamando un vangelo umanista. L'obiettivo della famiglia Ortega-Murillo è quello di epurare i religiosi critici perché non si accordano con il loro desiderio di una Chiesa silenziosa, indolente e, se possibile, anche complice.

Alle vessazioni al vescovo va aggiunta l'espulsione delle suore dell'ordine di Madre Teresa di Calcutta nel luglio scorso. In Nicaragua dilaga la persecuzione religiosa e questo sconvolge i trattati internazionali, in particolare il diritto alla libertà religiosa, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. "Sono crociate che il mondo credeva passate, ma oggi sono pratiche sistematiche che restano in vigore di fronte all'indifferenza di molti, come la tortura dei prigionieri politici nel tetro carcere di El Chipote", ricorda Miranda Aburto.

"Esiliare con la forza o imprigionare Álvarez è una mossa rischiosa, ma conforme al messaggio esemplare che gli Ortega-Murillo stanno imponendo: niente e nessuno è al di sopra di loro, nemmeno un vescovo con il Santissimo Sacramento in mano, perché in Nicaragua lo Stato, la legge e la religione sono loro; come in Corea del Nord, è l'eucaristia del partito unico con il proprio vangelo di repressione", conclude.