Marta Cartabia a Civiltà Cattolica, "il populismo è una caricatura e una degenerazione della democrazia"

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"Il premierato scelta molto discutibile e rischiosa".

ROMA, 28 MAG - "Il populismo è una caricatura, una riduzione della democrazia". E' quanto afferma Marta Cartabia, ex presidente della Corte Costituzionale e ministro della Giustizia nel governo Draghi, in un'ampia intervista a Civiltà Cattolica, in uscita sabato 1/o giugno nel quaderno n. 4175 ma anticipata oggi dall'ANSA.

"Sono state date tante definizioni del fenomeno, però l'elemento centrale nel populismo - che può essere di destra o di sinistra - è la presenza di un leader o di un partito che si considera interprete unico della volontà del popolo", sottolinea Cartabia alla rivista dei Gesuiti, le cui bozze vengono usualmente riviste dalla Segreteria di Stato vaticana: "A volte questa forza politica esprime una maggioranza, ma in molti casi, anche per via dell'astensionismo, è espressione di una minoranza più forte delle altre".

"Il populismo soffoca la pluralità - prosegue -; e, dopo una vittoria elettorale, ha una tendenza a occupare tutti gli spazi di potere: politico, mediatico, amministrativo, culturale".

Secondo l'ex presidente della Consulta, prima donna in Italia a ricoprire tale carica, "il populismo è l'antitesi del pluralismo di cui si nutre la democrazia. In un Paese libero, il popolo non parla con un'unica voce, è composto da una molteplicità, e la volontà generale è frutto di un lavoro comune per arrivare ad accordarsi".

Per questo, aggiunge, "il populismo può essere visto come una degenerazione della democrazia: perché perde il senso dell'altro e perché smarrisce il senso del limite del potere". Secondo Cartabia, "oggi il populismo non si presenta nelle forme che abbiamo conosciuto in passato con i totalitarismi aggressivi e oppressivi della prima metà del Novecento. È più sottile, ma genera una perdita di spazi di libertà che quasi non si avverte".

Non a caso, avverte, "esso è fortemente insofferente al costituzionalismo e alla giustizia costituzionale, perché le Costituzioni - e le Corti costituzionali che ne sono i custodi - servono proprio a questo: a porre limiti al potere della maggioranza sulla base di valori condivisi".

Tra i vari temi affrontati rispondendo alle domande del direttore di Civiltà Cattolica padre Nuno da Silva Gonçalves, S.I, e di Simone Sereni, l'ex ministro si sofferma anche sui progetti di riforme istituzionali e di revisione costituzionale. "Affidare alla capacità del leader la tenuta e la durata nel tempo di un governo è una semplificazione, a mio parere, molto rischiosa", dichiara sulla riforma riguardante il cosiddetto 'premierato'.

Dopo aver definito "condivisibile" l'esigenza "da cui partono alcune proposte di riforma" e "innegabile" la necessità "di affrontare la questione dell'instabilità dei governi, che è un problema vero", per Cartabia "la domanda vera è se le proposte in campo siano in grado di offrire una soluzione al problema".

E osserva: "si sta puntando all'elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri, con un sistema elettorale ancora da definire, ma che dovrebbe portarsi appresso la maggioranza dei voti dentro le Camere. Cioè, si confida nella forza del leader per dare stabilità". "Ecco, questa è una scelta ai miei occhi molto discutibile - sottolinea -, perché, se il problema è l'instabilità delle coalizioni, il punto torna a essere quello di approntare dispositivi istituzionali che sostengano la capacità di governare insieme anche quando gli orientamenti divergono".

Secondo l'ex presidente della Consulta, "tra l'altro, così facendo si viene a svuotare di fatto il ruolo del presidente della Repubblica, che è stato fondamentale nella storia recente del nostro Paese". "È vero che la riforma non incide formalmente sui poteri del capo dello Stato - aggiunge -, ma con la centralità data alla figura del premier si svuotano di fatto i due poteri più importanti del Presidente: quello di nomina di un nuovo presidente del Consiglio, perché si formi un nuovo Governo in caso di crisi, e quello dello scioglimento delle Camere".

Cartabia precisa inoltre che "i nostri governi sono instabili, cioè durano poco, ma non sono affatto deboli. Essi hanno da tempo trovato il modo per decidere anche con tempestività, soprattutto attraverso un uso molto frequente dei decreti legge. Non c'è un ostacolo alla decisione. E non da ora". "Lo strumento per dare forza al governo, che era pensato per situazioni eccezionali, e di cui molti Governi hanno anche spesso abusato, c'è, eccome", conclude.

[Photo Credits: Wikimedia Commons - CC BY 2.0 DEED]